Pompei, il Giornale: “Paghi il pizzo e i lucchetti si aprono”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Giugno 2014 - 17:28 OLTRE 6 MESI FA
Pompei, il Giornale: "Paghi il pizzo e i lucchetti si aprono"

Pompei, il Giornale: “Paghi il pizzo e i lucchetti si aprono” (foto LaPresse)

POMPEI – Vedere le parti di Pompei chiuse al pubblico? Facile.  Basta pagare il pizzo. Perché il sito archeologico, scrive sul Giornale Nino Materi, è in mano a gente che invece dovrebbe stare in galera. L’inchiesta fa luce sul pizzo e su divieti che, visto lo stato del sito, suonano grotteschi.

L’articolo sul Giornale di Nino Materi:

Quando vedono una trou­pe televisiva si innervosi­scono. Minacciano. E, a volte, menano pure. Sono i boss di Pom­pei, signori dai modi spic­ci­e dalla parla­ta sporca che gestiscono l’ampio«mer­cato paralle­lo » che gravi­ta at­torno al si­to archeologi­co più sugge­stivo del mon­do. Una necro­poli inceneri­ta due volte: ie­ri dal Vesuvio, oggi dal rac­ket degli abu­sivi; ma anche mortificata da incapacità politica e ge­stionale. La Merryl Lynch ha calcolato che I’indotto prodotto da­gli scavi di Pompei è il 5% del suo po­tenziale. Pri­vatizzarne la gestione? Se ne parla da de­cenni. Ma solo per il gusto di parlarne.

La realtà, oggi, rima­ne la stesa di quella fotografata nel 2007 da un’inchiesta del programma Exit su La7 : «Par­cheggi e guide abusive, nessun controllo sui visitatori, assolu­to disprezzo delle regole. Ci im­battiamo nella vergogna delle zone interdette al pubblico che dietro pagamento (fino a 150 euro a tour ndr) vengono aper­te dai custodi, dei ristoranti abu­sivi e della carenza di servizi igienici».

Sono trascorsi sette anni, ma la situazione resta gra­ve. Rimaniamo il Paese col mag­gior numero di luoghi e monu­menti protetti dall’Unesco co­me patrimonio mondiale dell’ umanità, eppure l’Italia spen­de per la cultura solo lo 0,25% con investimenti dimezzati nel corso dell’ultimo decennio. Con una costante: dei circa due miliardi destinati alla tutela del nostro patrimonio artistico, la metà viene utilizzata per il fun­zionamento del ministero dei Beni culturali. «Funzionamen­to » si fa per dire. E la situazione in cui versa Pompei è lì a dimo­stralo.

Il sito archeologico è in mano anche a gente che do­vrebbe stare in galera. E che in­vece sta sì dietro le sbarre, ma sono le sbarre dei cancelli delle aree archeologiche interdette al pubblico per lavori di restau­ro e manutenzione. Basta met­tere mano al portafoglio e i luc­chetti, come per magia, si apro­no lasciando passare i turisti, al­cuni dei quali non si fanno scru­polo di mettersi in borsa qual­che mosaico di ricordo. Per un turista arrestato (come accadu­to lo scorso giugno), ce ne sono centinaia che la fanno franca, riuscendo a portarsi a casa l’am­bito souvenir. Del resto il clima di menefreghismo che si respi­ra tra i ruderi di Pompei ( lo scor­so aprile un custode parcheg­giò il suo scooter a ridosso di una domus e la foto fece il giro del mondo) non contribuisce al rispetto delle regole.

Ci sono delle transenne?E c’è chi le scavalca impunemente. È vietato mangiare nel sito? E c’è chi banchetta sotto i colon­nati trasformandoli in discari­che a cielo aperto.

È vietato introdurre cani? Ma nel sito i branchi di randagi ab­bondano. E poi scioperi, serra­te ( domenica scorsa migliaia di turisti sono stati lasciati fuori dal cancelli), scarsa professio­nalità, e crolli, tanti crolli.

Alcuni evitabili, altri inevita­bili conseguenza del trascorre­re del tempo, altri ancora «pilotati» for­se da «addetti ai lavori» infe­deli e da «abu­sivi » senza scrupoli (co­me ieri abbia­mo racconta­to da queste stesse colon­ne). Ogni an­no due milio­ni di ticket staccati, ma potrebbero- e dovrebbero- es­sere dieci volte di più. Peccato che qui i turisti vengano a volte considerati più come un «fastidio» che co­me una risorsa.

Negli ultimi tempi qualcosa sta miglio­rando, ma siamo an­cora lontani anni lu­ce da una gestione di qualità degna di que­sto nome. Ed è tra gli anfratti di queste tan­te – troppe – carenze che si inseriscono quei perso­naggi senza scrupoli che spen­nano, truffano, assediano, sfrut­tano i visitatori. Soprattutto gli stranieri. Che poi tornano in pa­tria, con le idee ben chiare sul­l’Italia.