Salvini il bullo: Renzi o Mussolini? Giovanni Valentini: pericoloso fumo negli occhi

Matteo Salvini in una foto d’archivio Ansa.

ROMA – Salvini come Renzi o aspirante Mussolini? Il bullo, ricorda Giovanni Valentini, piace. Renzi e Salvini non sono casi isolati, se pensate che alla Casa Bianca, del resto, c’è un altro “bullo” come Donald Trump, alla guida degli Stati Uniti.

L’analisi del caso Salvini, pubblicata dal Fatto quotidiano esordisce con una citazione dall’ultimo libro di Giampaolo Pansa, intitolato “Il dittatore”: “L’ascesa di Salvini non si fermerà se non quando lui sarà diventato il padrone assoluto del nostro Paese”.

Valentini ricorda che la storia dell’”uomo forte”, declinata ieri nella figura del Duce e oggi in quella del Capitano, richiama e riassume nel nostro caso un mix di istinti e di pulsioni. Non è (ancora) il caso di assimilare il “bullismo” politico al fascismo, un’esperienza irripetibile nel mondo contemporaneo. Ma è innegabile che le affinità esistano, se non altro in termini di linguaggio, atteggiamenti, posture autoritarie. E purtroppo, i miti sono duri a crollare.

Per questo non c’è da meravigliarsi più di tanto che il “bullo” Matteo Salvini, secondo un sondaggio Ipsos, piaccia a una larga maggioranza degli italiani: in complesso, il 59% si dichiara molto (34%) o abbastanza (25%) d’accordo con la linea dura sull’immigrazione; il 29% contrario (poco o per nulla d’accordo); mentre il restante 12% “non sa, non indica”. 

Fa riflettere, piuttosto, il fatto che un tempo questo epiteto – per dire spavaldo, sfrontato, arrogante – non sarebbe stato mai applicato a un parlamentare o a un leader, quale che fosse il suo partito o la sua nazione. In Italia, per la verità, la categoria politica del “bullismo” aveva già trovato una prima incarnazione nell’ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Pd, Matteo Renzi. Ma ora dall’”uomo solo al comando” rischiamo di passare a “un solo uomo al comando”.

Come si può spiegare, dunque, il fatto che la stella dell’ex rottamatore sia caduta così rapidamente, mentre il “Cazzaro Verde” – come lo chiama Marco Travaglio, confortato da una sentenza che l’ha assolto dall’accusa di diffamazione – naviga (finora) sulla cresta dell’onda?

È pur vero che Renzi, a causa dei suoi difetti e dei suoi errori, è precipitato in poco tempo dal 40,8% delle elezioni europee 2014 nel baratro del referendum costituzionale, lasciando il Pd in brache di tela al 18,7% delle Politiche 2018. Mentre Salvini ha vinto le Europee in Italia con oltre sei punti in meno (34,2%), ma le ha perse in Europa insieme a tutto il fronte sovranista che non è riuscito a conquistare la maggioranza nel Parlamento di Strasburgo. E già questo dovrebbe indurre a una maggiore cautela il leader del Carroccio, a parte le sue inclinazioni filo-russe.

Perché, si chiede Giovanni Valentini, il “bullismo” paga e porta consensi? La prima spiegazione può essere che in un mondo sempre più articolato e complesso, alle prese con questioni epocali come la globalizzazione e la crisi migratoria, gli elettori premiano risposte semplici, chiare e nette. Solo che spesso queste risposte sono tanto seducenti quanto ingannevoli, perché promettono ciò che non possono mantenere, buttano fumo negli occhi e costruiscono una narrazione mediatica che non corrisponde alla realtà. Una politica alla fine inconcludente, destinata presto o tardi a deludere il popolo in nome del quale viene usurpata e praticata.

“In Europa e in Italia, c’è poi la crisi economica che indurisce i cuori e incattivisce le coscienze, innescando la reazione a catena dell’individualismo, dell’egoismo, del cinismo. Da questo malessere collettivo, impastato d’insicurezza e inquietudine, scaturisce un sentimento ostile nei confronti di quello che la cultura cattolica chiama il prossimo. L’intolleranza, la xenofobia, il razzismo strisciante finiscono così per prevalere sulla solidarietà sociale, privilegiando il “bullismo” nei comportamenti individuali e collettivi”. 
 

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