Nuovo farmaco contro l’Alzheimer pronto nel 2023: esami come per il cancro chiedono i medici, curare in anticipo

Nuovo farmaco contro l'Alzheimer pronto nel 2023: esami come per il cancro chiedono i medici per curare in anticipo anche gli asintomatici

di Mario Tafuri
Pubblicato il 4 Dicembre 2022 - 17:50 OLTRE 6 MESI FA
Nuovo farmaco contro l'Alzheimer pronto nel 2023: esami come per il cancro chiedono i medici, curare in anticipo

Nuovo farmaco contro l’Alzheimer pronto nel 2023: esami come per il cancro chiedono i medici, curare in anticipo

Un farmaco innovativo per l’Alzheimer potrebbe essere lanciato l’anno prossimo. I maggiori esperti chiedono uno screening simile a quello del cancro.

Il farmaco rallenta la progressione della malattia. Potrebbe essere già disponibile nel 2023. Il Lecanemab è stato definito “un momento storico”. Gli studi hanno dimostrato che può arrestare il declino della memoria e del pensiero nei pazienti ai primi stadi dell’Alzheimer.

Il professor John Hardy, ricercatore leader a livello mondiale nel campo della demenza e biologo molecolare presso lo University College di Londra, ha dichiarato: “Dipende dalle autorità di regolamentazione ma credo che le prime persone riceveranno il farmaco verso la fine del prossimo anno”.

Quasi 1 milione di britannici e 7 milioni di americani sono affetti da demenza e si ritiene che fino a tre quarti dei casi siano causati dal morbo di Alzheimer.

Lecanemab è stato creato dall’azienda farmaceutica giapponese Eisai e dall’azienda biotecnologica statunitense Biogen.

Esso mira a trattare il decadimento cognitivo lieve nei pazienti con amiloide nel cervello.

I primi risultati hanno dimostrato che il farmaco ha rallentato la progressione dei sintomi del 27% nell’arco di 18 mesi e l’accumulo dei livelli di amiloide nel cervello.

I risultati completi della sperimentazione del farmaco sono stati presentati alla conferenza sulla demenza che si tiene a San Francisco tra il 29 ed il 2 Dicembre.

Gli specialisti ritengono che le persone che compiono 60 anni dovrebbero essere chiamate a sottoporsi ad un test di biomarcatura perché questo rivelerebbe coloro che hanno i primi segni di accumulo di amiloide, consentendo ai medici di trattare precocemente chi presenta già qualche evidenza di demenza.

La dott.ssa Coulthard, professore associato di neurologia delle demenze presso l’Università di Bristol e il North Bristol NHS Trust, avverte sui rischi psicologici legati a questa opzione. Sottolinea l’enorme carico psicologico a cui verrebbe sottoposto un paziente asintomatico che scopre la diagnosi molti anni prima rispetto al manifestarsi dei sintomi.

Ad ogni modo, secondo l’esperta, l’idea di sottoporre a screening per la demenza i cittadini di mezza età che non presentano alcun segno della malattia sarà effettivamente presa in considerazione solo in caso di successo degli attuali studi sulle persone asintomatiche con evidenza di amiloide.