Yara Gambirasio. Casa, palestra, cantiere…Da dove partire per trovarla?

Pubblicato il 27 Dicembre 2010 - 18:15 OLTRE 6 MESI FA

Che fine ha fatto Yara Gambirasio? E’ passato più di un mese da quando la ginnasta tredicenne è scomparsa dalla sua casa a Brembate Sopra (Bergamo). E gli investigatori stanno battendo diverse piste, ma nessuna finora sembra aver dato esito positivo alle ricerche. In un articolo pubblicato su Repubblica, Davide Carlucci ha fatto il punto della situazione.

A distanza di 30 giorni, scrive Carlucci, “restano poche certezze. Più che altro, tre luoghi fisici: la casa, la palestra e il cantiere. “È in questo triangolo – confida chi indaga – la soluzione del giallo. E noi abbiamo ben seminato. Ora aspettiamo un’illuminazione o un passo falso da parte di chi s’è portato via Yara”.

Tuttavia, il cronista sottolinea che “non c’è ancora un’ipotesi che prevalga sulle altre. C’è un elenco interminabile di luoghi battuti per le ricerche: tutti i corsi d’acqua della Val Brembana e delle valli circostanti; cascine e boschi, edifici abbandonati, cantieri, depositi industriali. Ogni tanto un affioramento: una scarpa, un maglione, un cellulare. Attimi di trepidazione, poi le smentite”.

Tra i falsi allarme, l’ultimo in ordine di tempo risale a Natale: “lungo il Brembo, nel tratto di Curno, i sommozzatori hanno recuperato un cadavere. Una donna di trentasette anni suicida, si è scoperto poi”. Poco si sa ancora, spiega ancora Carlucci, “delle indagini sul mondo della ginnastica ritmica”.

Mentre sembra non aver avuto successo “la pista che porta al cantiere del centro commerciale di Mapello, dove i cani, nei primi giorni, avevano portato con decisione i carabinieri. Quella traccia aveva spostato la bussola delle indagini a Montebelluna, in Veneto, dove abitava il marocchino Mohamed Fikri, l’unico, tra quelli che avevano lavorato nel cantiere, che nei giorni successivi mancava all’appello. Per arrestarlo i carabinieri hanno fermato, al largo di Sanremo, la nave diretta verso il Marocco in cui si trovava il muratore. Ma l’intercettazione che lo inchiodava – “non l’ho uccisa io” – era fondata su una traduzione sbagliata. E dopo una notte di carcere, l’uomo è tornato in libertà”.