‘Orfani di genitori vivi’ il 90% dei bambini moldavi negli orfanotrofi: dramma dell’immigrazione nel paese dimenticato

ROMA – Il 90 per cento dei bambini ospitati negli orfanotrofi della Moldova sono ‘orfani’ di genitori vivi. La storia della badante Liuba Bouroso, raccontata da La Stampa, è solo una delle tante. Storia di una madre che fa la badante a Torino e che da quasi tre anni non vede la figlia Victoriza, ‘ospitata’ in un orfanotrofio di Stato a Ciniseuti, località al confine con l’Ucraina, perché “a casa avevamo l’orto, le galline, una mucca e due lavori normali. Ma con 90 euro al mese e quattro figli non potevamo sopravvivere”, ha spiegato la donna, il cui marito lavora come muratore in Russia.

La storia di Liuba, costretta ad abbandonare la famiglia per garantirle la sopravvivenza, svela una delle facce dell’immigrazione, quella più tragica, in cui si è costretti ad abbandonare tutto per avere qualcosa, e svela la condizione tragica della Moldova, un paese fuori dal tempo, come spiega Elena Putina dell’associazione ‘Speranza’: “nessuno conosce l’arretratezza dolorosa del mio paese e tutto quel grigio dominante”.

Un paesaggio grigio, carente di infrastrutture, dove occorrono tre ore per percorrere 97 chilometri di strada segnata da buche e ghiaccio attraverso il nulla, che separa la capitale Chinisau da Ciniseuti, paese dove Victoriza, la figlia di Liuba, è ospitata. Un paesaggio che ritrae la realtà del paese più povero d’Europa, dove l’immigrazione costituisce l’unica strada per sopravvivere, anche quella irta di difficolta, poichè chi non ha il doppio passaporto romeno deve affidarsi alla mafia per poter partire, pagando fino a 5000 euro per un viaggio di sola andata, in cui non ci si può guardare indietro.

Gli internat nacquero in Moldova per ospitare gli orfani della seconda guerra mondiale e quello in cui vive la figlia di Liuba fu costruito nel 1972 e da allora non è mai stato ristrutturato, come spiega il direttore Ion  Corovai. Una biblioteca, una grande stanza adivita a palestra e camerate che ospitano 130 ‘bambini invisibili’, come li definisce lo stesso direttore. Sopravvivono con finanziamenti statali di 3 euro al giorno per bambino, mentre gli educatori percepiscono uno stipendio di 100 euro al mese per occuparsi di bambini dimenticati dal mondo, proprio come il loro paese, che per Corovai “è come se non esistesse sulla mappa”.

Un paese dimenticato che registra il più alto tasso di immigrazione, e secondo una statistica dell’OMS il più alto numero di alcolisti, dove gli internat sono considerati dal governo una vergogna da rimuovere, strutture di cui l’Ue ha chiesto la chiusura come condizione essenziale per un ipotetico ingresso in Europa. Gli internat sono il ritratto di una realtà fatta di povertà e arretratezza, ritratto di un paese che soffre che per la sopravvivenza dei suoi figli gli nega l’amore di genitori, costretti ad emigrare e ad abbandonare quanto hanno di più caro per il loro bene.

Gestione cookie