Allegri: “Le Brigate rosse non facevano poi così male”. Le vecchie ingiurie del tecnico del Milan ai carabinieri

Pubblicato il 17 Novembre 2010 - 21:16 OLTRE 6 MESI FA

Oggi in panchina è molto pacato. Ma il 12 maggio 2008 l’attuale tecnico del Milan Massimiliano Allegri, reagiva con insulti alle forze dell’ordine che gli contestavano un’infrazione stradale. Nei prossimi giorni si celebrerà il processo a Livorno.

Come riporta il Fatto Quotidiano, l’episodio avviene il 12 maggio 2008 a Livorno, a pochi metri dalla casa dove abitano i genitori del tecnico rossonero, che in quel periodo stava per trasferirsi a Cagliari, reduce da una promozione in B col Sassuolo. Allegri sorpassa un’auto troppo lenta all’altezza di un parco pubblico e delle strisce pedonali. Subito dopo viene fermato dai carabinieri.

All’inizio l’allenatore sembra conciliare, ma poi come spesso avviene in questi casi, i toni si alzano. “Acciuga”, come familiarmente lo chiamano i livornesi per via del fisico asciutto, si fa prendere dai cinque minuti. Secondo quanto si legge dalla denuncia depositata dai carabinieri alla procura di Livorno, prima si riferisce a un carabiniere dicendogli “le Brigate rosse non facevano poi così male”, “stai zitto terrone”, “ti faccio perdere il posto”, poi mima uno scontro con uno dei militari e si butta per terra, fingendo di  aver ricevuto un colpo da uno dei militari, mentre sfilano alcuni passanti.

Quando capisce che le cose si mettono male, dice che in realtà correva a casa perché uno dei suoi familiari non stava bene. Potrebbe anche chiudersi qui la vicenda, ma i carabinieri scoprono un altro precedente più o meno simile, a un posto di blocco dei vigili urbani. Così la denuncia, questa volta, scatta inevitabile.

Il Fatto racconta poi la vicenda del suo mancato matrimonio. Nel giugno 1992 Allegri vuole diventare il signor Allegri e lo vuole fare in chiesa, davanti a duemila invitati. Annuncia agli amici che sposerà la sua Erika. Chiede a padre Ermenigildo che sia lui a officiare le nozze. Il prete vede i promessi sposi il venerdì, si danno appuntamento a domenica, in chiesa. Ma domenica sera il colpo di teatro: “Ragazzi, resto acciuga, io non mi sposo più. Evitate di venire domani in chiesa, perché io non ci sarò”. Detto e fatto. “Non tutti i mali vengono per nuocere”, sospirò padre Ermenegildo, “meglio ora che dopo”. Quella volta superò se stesso e, quando ha raccontato l’episodio a Berlusconi, pare che il Cavaliere si sia fatto grasse risate e abbia passato giorni a cercare di trasformare la storia vera in una barzelletta.

Fu Allegri stesso a raccontare la sua storia: “Organizzai la cerimonia, poi la annullai in fretta e fuggii. Gli amici mi credevano lontano. Avevo le palle piene di ogni cosa e un forte bisogno di isolarmi, così raggiunsi Giovanni”. Giovanni inteso come Galeone, suo allenatore al Pescara e mentore di un uomo a disagio con la cravatta e alle prese con una metamorfosi. “Galeone mi accolse a braccia aperte, anche se in 10 giorni lo incontrai sì e no 5 volte. Diceva di andare a pesca ma sapevo che non era vero. Non ha mai preso un pesce in vita sua. Si godeva la vita, come ha sempre fatto. In tranquillità”.