Calcio: parla Messi, il più forte del mondo, “sono cresciuto giocando e piangendo”

Pubblicato il 21 Dicembre 2009 - 12:44 OLTRE 6 MESI FA

Ha vinto tutto e di più e ha soli ventidue anni. Lionel Messi, argentino, ma catalano di adozione, giocatore del Barcellona e della nazionale argentina, viene ancora premiato, stavolta come miglior giocatore dell’anno “Fifa Word Player”. Ennesimo riconoscimento in un anno per lui strepitoso, nel quale ha vinto il pallone d’oro, tutti i titoli in palio con il Barcellona, ultimo il Campionato mondiale per Club grazie ad un gol di petto contro gli argentini dell’Estudiantes.

Alla vigilia del premio Messi ha rilasciato una chilometrica intervista al giornale El Pais nella quale ha raccontato tutta la sua vita ed ha confessato quanto ha pianto nei primi anni duri in Spagna, da bambino-prodigio del calcio, sradicato dalla sua casa, dalla famiglia, dagli amici.

Messi aveva solo dodici anni quando gli osservatori del Barcellona compresero il suo genio calcistico. In dieci anni è diventato l’astro del calcio mondiale. “Ho detto io di sì quando mi hanno chiesto se me la sentivo di andare in Europa a giocare nel Barcellona – racconta il giocatore al colmo del successo – Volevo diventare un footbolista e quella era la strada”.  Strada dura all’inizio, in un altro mondo. “Piangevo perchè sentivo la mancanza di tutto, ma stringevo i denti e cercavo di imparare”, racconta ancora Messi che spiega con dovizia di particolari il suo calcio superlativo.

A El Pais racconta che non prepara mai le sue giocate fantastiche, come il gol di petto all’Estudiantes o il colpo di testa con il quale lui, alto meno di 1,70, ha fatto vincere la Coppa dei Campioni al Barcellona nella partita di Roma contro il Manchester. “E’ un istinto, una decisione dell’ultimo secondo” spiega per raccontare come nascono certi colpi. “Quello che faccio io in campo non è complicato – aggiunge Lionel Messi – il vero miracolo  lo fanno Xavi e Iniesta, che trasformano in semplice ciò che invece è complicatissimo”.

Messi ha una sconfinata ammirazione per i suoi due compagni di squadra spagnoli e fondamentali nel gioco della squadra catalana. Dichiara di avere imparato tanto da tutti i suoi allenatori e da Pep Guardiola, il trionfante mister di oggi, sostiene di avere avuto il suggerimento chiave: quello di giocare più vicino all’attacco, alle punte. “Così – dice Messi – ora gioco come quando ho incominciato, da bambino.”

Una lunga intervista con tanti aneddoti e, significativo, neppure una parola su Diego Maradona di cui lui è sicuramente il miglior erede finora e dal quale dipende il suo Campionato del mondo in SudAfrica, il titolo che gli manca.