C’è il long Covid dietro al malore che ha colpito Lewis Hamilton dopo la premiazione del Gran Premio di Ungheria? Arrivato terzo alle spalle di Esteban Ocon e Sebastian Vettel, il pilota della Mercedes è riuscito a fatica a salire sul podio. E quando la conferenza è iniziata lui era dal medico della scuderia, a farsi visitare.
Lo ha spiegato lo stesso pilota inglese, 36 anni, risultato positivo al virus alla fine del 2020 e apparso non al meglio sul podio a fine gara.
Lewis Hamilton, forse il long Covid dietro al malore in Ungheria
“Sto bene, ho avuto davvero delle forti vertigini e tutto è diventato un po’ annebbiato sul podio – ha spiegato Hamilton, prima di raccontare le difficoltà vissute dopo la malattia -. Per tutto l’anno ho combattuto per restare in salute dopo quello che era accaduto a fine 2020 ed è ancora così, è una battaglia. Non ne ho parlato con nessuno ma penso che gli effetti del Covid siano persistenti. Mi ricordo gli effetti di quando l’ho avuto e da allora allenarsi è stato diverso. Il livello di fatica è diverso, mette davvero alla prova”.
Lewis Hamilton e i postumi del Covid
“Io continuo ad allenarmi e prepararmi nel modo migliore – ha aggiunto Hamilton -. Oggi chissà cosa è stato. Forse un problema di idratazione, non so, ma non lo avevo mai provato prima. Ho avuto qualcosa di simile a Silverstone, ma questa volta è stato molto peggio”.
Cos’è il long Covid e quanto dura
Il long Covid compare nel 14% delle persone che si infettano e dura in media quattro mesi. Alcuni dei sintomi del cosiddetto ‘long Covid’ sono registrati anche dai fitness trackers, i braccialetti che monitorano i parametri vitali e registrano l’attività fisica che hanno permesso di misurare la malattia e i suoi temuti effetti lunghi. Lo afferma uno studio pubblicato dalla rivista Jama Network Open.
Lo studio ha evidenziato variazioni nel battito cardiaco, nel ritmo sonno-veglia e nell’attività fisica, tutti parametri che impiegano molto più tempo a tornare normali in chi è stato colpito dal Sars-Cov-2.
In media la frequenza cardiaca a riposo nei pazienti Covid non ritorna normale prima di due mesi e mezzo, l’attività fisica prima di un mese mentre il ritmo sonno-veglia si regolarizza intorno al giorno 24 dalla diagnosi.
Gli effetti
Per chi invece ha il ‘long Covid’, il 14% del campione considerato, i sintomi durano molto più a lungo, con la frequenza cardiaca che rimane più alta del normale per quattro mesi.
Secondo lo studio, spiegano i ricercatori, chi ha la forma ‘cronica’ della malattia di solito ha sintomi più gravi all’inizio rispetto a chi non la sviluppa. “I nostri dati – afferma Jennifer Radin dello Scripps Research Translational Institute, uno degli autori .- suggeriscono che la gravità dei sintomi iniziali, a partire dall’alterazione della frequenza cardiaca, possono essere usati per predire quanto impiegherà il paziente a guarire dall’infezione”.