Italia. Orsi, Altafini e Motta: la storia degli oriundi in azzurro

Pubblicato il 26 Marzo 2011 - 17:24 OLTRE 6 MESI FA

ROMA, 26 MAR – Da Ermanno Aebi, svizzero che divenne italiano grazie alla madre e per aver prestato servizio militare durante la Prima guerra mondiale, all’ultimo arrivato Thiago Motta, sono tante la presenze ed i gol degli oriundi nella storia della squadra azzurra.

Il primo fu appunto Aebi, che fece il suo esordio nel 1920; l’ultimo e’ stato Motta alla prima presenza nell’amichevole contro la Germania, ed ora in gol gia’ alla seconda apparizione, quella di ieri contro la Slovenia. La Figc e’ riuscita a farlo diventare azzurro nonostante la presenza nella Seleçao brasiliana: la Fifa ha infatti accolto la teoria italiana che quello non era il Brasile vero, ma una squadra di riserve, quindi una selezione B. Buon per Cesare Prandelli, che cosi’ puo’ far giocare l’interista.

L’oriundo con piu’ presenze e’ stato un campione del mondo, quel Mauro German Camoranesi che ne ha messe insieme 55 ed ora e’ tornato nella natia Argentina. E’ stato il primo oriundo dopo la ‘riapertura’, riprendendo un discorso che si era interrotto ad Angelo Benedicto Sormani, nel 1963 a Mosca (Urss-Italia 2-0). Il piu’ prolifico e’ stato un altro argentino, Julio Libonatti, che esordi’ in azzurro nel 1926, a 25 anni e cinque dopo aver vinto la Coppa America con l’Argentina: in 17 partite con la maglia della Nazionale italiana segno’ 15 reti. Due in meno quelle di un altro argentino che, come Camoranesi, con l’Italia e’ diventato campione del mondo. ‘Mumo’ Orsi in azzurro realizzo’ 13 reti in 35 partite, fu un protagonista dei Mondiali del 1934 ed e’ tuttora nella galleria degli ‘immortali’ della Juventus; cosi’ come Luisito Monti, finalista ‘mundial’ con l’Argentina, in trionfo quattro anni dopo con l’Italia. Altro campione del mondo argentino, ma con l’Italia (decisivo il suo gol nella semifinale con l’Austria), fu quell’Enrique Guaita, ‘corsaro nero’ della Roma, fuggito appena un anno dopo, nel 1935, per evitare un’eventuale chiamata alle armi in vista della guerra d’Etiopia. Grandi argentini poi passati nell’Italia e nella Juve sono stati, oltre ad Orsi e Monti, anche Omar Sivori, che grazie al ‘trasferimento’ in azzurro ha vinto anche un Pallone d’Oro; ed il suo maestro Renato Cesarini, che segnando allo scadere del tempo il gol della vittoria sull’Ungheria (3-2), il 13 dicembre 1931, diede vita alla ‘zona’ che tuttora porta il suo nome.

Campioni del mondo con l’Uruguay e poi nazionali italiani sono stati invece Juan Alberto Schiaffino, grazie ad ascendenze liguri; e Alcides Ghiggia il ‘killer’ del Brasile al Maracana’ nel 1950, azzurro un po’ fasullo visto che solo un controverso atto notorio gli aveva consentito di approdare da oriundo prima alla Roma e poi nell’Italia. Il titolo iridato (ma perdendo il posto da titolare a beneficio di Vava’) lo ha vinto anche Jose’ Altafini nel 1958 con il Brasile: ma nella terra natale il ‘coniglio’ milanista, azzurro per 6 volte (con 5 reti), era conosciuto sempre e solo con il soprannome di ‘Mazola’, datogli in onore del fenomeno del Grande Torino.

Ad un altro oriundo brasiliano, il mediano Ottavio Fantoni, va senz’altro il titolo del piu’ sfortunato: gioco’ solo una volta nell’Italia, nel marzo ’34 contro la Grecia, e l’anno dopo mori’ a causa dell’infezione contratta in un incidente di gioco. La Nazionale di calcio italiana non ha mai toccato gli eccessi di quella del rugby, in cui ci sono sempre minimo una decina di oriundi e naturalizzati, ma in due occasioni ha schierato quattro ‘stranieri’ contemporaneamente provocando molte polemiche: successe a Vittorio Pozzo nel 1932 a Napoli contro la Svizzera, con Guarisi-Sallustro-Fedullo-Orsi, mossa che gli costo’ tante critiche (i trionfi mondiali del ’34 e del ’38 erano di la’ da venire); e a Belfast nel match decisivo delle qualificazioni ai Mondiali 1958, quando all’Italia ando’ male nonostante la presenza di Ghiggia-Schiaffino-Da Costa-Montuori, e forse anche a causa delle prestazioni degli stessi.