Una Juventus senza uno scopo: Agnelli è ottimista, perchè?

Pubblicato il 9 Marzo 2011 - 19:36 OLTRE 6 MESI FA

TORINO – La Juventus è in crisi. Non una crisi passeggera, non una crisi dove una partita vinta potrebbe segnare la svolta. Una crisi che sembra non finire mai, tutti sono in discussione, tutti responsabili, allenatore, giocatori, anche la società. Come riporta Il Fatto Quotidiano, il presidente dei bianconeri Andrea Agnelli avrebbe fatto meglio a seguire il consiglio del padre che gli suggeriva di stare lontano da Torino, magari rimanere alla Philip Morris e scalare le posizioni interne.

I malumori nell’ambiente juventino cominciano ad essere troppi sopo due anni di fallimento, perchè ormai di questo si tratta. Andrea Agnelli deve anche preoccuparsi degli editoriali di Giampiero Mughini, tifoso doc, su Libero. Il giornalista gli intima: “Agnelli dia la scossa, richiami Luciano Moggi!”. Mughini intende in tribuna all’Olimpico di Torino a vedere la Juventus di cui Agnelli è presidente ma anche in prospettiva, alla testa della società, dimenticando Calciopoli, la retrocessione in B e tutto il resto.

Agnelli, 35 anni, molto probabilmente ignorerà anche questo consiglio, perché Elkann non potrebbe mai accettare un ritorno al passato di questo genere, anche se da tempo Agnelli jr si fa vedere con Antonio Giraudo, un altro pilastro della Juve di Calciopoli.

“Andrea non è solo un rappresentante della nostra famiglia, ma è anche una persona che ama la Juventus in modo genuino”, assicurava Elkann quando, nell’aprile 2010, gli lasciava la poltrona più alta del club. Un Agnelli alla guida della Juve 48 anni dopo Umberto. I primi risultati però si misurano dal campionato e dal bilancio. In classifica la Juventus arranca al settimo posto, sconfitta dopo sconfitta, tre consecutive senza nemmeno segnare un gol.

Il tutto nonostante la rivoluzione di Andrea Agnelli: nuovo direttore generale, Giuseppe Marotta, nuovo allenatore, Luigi Delneri, entrambi dalla Sampdoria. Nuovi giocatori, pagati tanto: per esempio Jorge Martinez, arrivato dal Catania per la ragguardevole cifra di 12 milioni, mai pervenuto.

Ma i giochi contabili dei prestiti con diritto di riscatto e dei pagamenti differiti fanno miracoli e il mercato risulta in attivo per 23 milioni. Peccato che la Juventus, nel complesso, a dicembre fosse in rosso di 39,5 milioni, con la previsione di chiudere la stagione e il bilancio a giugno in passivo di 56,8 milioni. Una voragine, se confrontata con i 6,4 di attivo del 2010. Colpa anche dell’assenza degli introiti dalla Champions League, dove la squadra non è riuscita a qualificarsi.

Il giovane Agnelli insomma sta fallendo gli obiettivi, ma la Juve non la lascerà. Infatti di un suo ruolo operativo in Fiat (lo confidò a Paolo Madron per il Sole 24 Ore due anni fa) non si è mai più parlato. Ormai è chiaro che il coetaneo su cui Elkann punta non è certo Agnelli ma il cugino Alessandro Nasi (padrino al battesimo dell’ultimo Elkann, Oceano).

Nella recente riorganizzazione della Exor, la società di investimenti che controlla la Fiat e che muove i capitali della famiglia, Elkann è diventato amministratore delegato e ha subito incaricato Nasi di andare a curare la parte americana del business, quella che una volta era affidata a Gianluigi Gabetti, mentore di John, in un’ideale passaggio di testimone tra epoche diverse.

Eppure Agnelli, in Exor, era un parigrado di Nasi, entrambi consiglieri di amministrazione, ma non è stato considerato per alcuna promozione. Così come sembra tramontata da tempo l’ipotesi di assegnargli la presidenza della Ferrari, dove è rimasto Luca Cordero di Montezemolo dopo aver lasciato la presidenza della Fiat.

Bilancio in rosso, bilancio sul campo nero. Ma il pensiero economico nella mente di Andrea Agnelli è anche la partecipazione della Lafico di Muammar Gheddafi nella Juve (7,5 per cento): “Se riceveremo disposizioni di congelamento quote ne prenderemo atto, ma non siamo preoccupati”, disse Agnelli. Ottimista come sempre, ancora il 21 febbraio diceva: “Adesso servono 12 vittorie”. Dopo sono arrivate due sconfitte. L’ottimismo a volte va messo da parte per lasciar spazio ad un nuovo progetto, magari senza commettere l’errore di voler tornare per forza a vincere subito qualcosa, motivo per cui era stato cacciato Claudio Ranieri, che per due anni consecutivi portò la Juve in Champions League. Al confronto con oggi sembra la Juve di Trapattoni o Lippi.