
Trump rifila il "trattamento Zelensky" anche al premier sudafricano Ramaphosa, nuovo agguato alla Casa Bianca VIDEO (foto Ansa-Blitzquotidiano)
Colloquio ad alta tensione nello Studio Ovale tra Donald Trump e Cyril Ramaphosa, il premier sudafricano in visita a Washington, cui è stato riservato un trattamento alla Zelensky, quando fu “bullizzato” in mondo visione dallo stesso Trump e dal suo vice Vance.
Trump rilancia il “genocidio dei bianchi” in Sudafrica
Trump ha rilanciato le false accuse di “genocidio dei bianchi”, le presunte violenze contro gli afrikaner, gli agricoltori bianchi sudafricani, sostenuti dall’amministrazione di Washington. A un certo punto il presidente (che ha ripetutamente insultato un reporter presente nello Studio Ovale) ha fatto spegnere le luci per mostrare dei video.
Quando si vedono apparire una fila di croci sui due lati di una strada Trump le ha associate a presunti assassinii di afrikaner (mentre erano una installazione simbolica seguita all’omicidio di una coppia di bianchi).
“Queste cose sono accadute in Sudafrica”, ha insistito Trump mostrando, inoltre, decine di pagine di articoli e foto di afrikaner feriti o insanguinati. “Le loro terre vengono espropriate, loro vengono uccisi e il governo non fa nulla”, ha attaccato il tycoon.
Il presidente sudafricano, ex negoziatore di Nelson Mandela all’epoca dell’apartheid, era arrivato alla Casa Bianca con l’obiettivo di convincere il presidente americano a ristabilire partnership e accordi commerciali con il suo Paese.
La posta in gioco è alta per il Sudafrica: gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale e il taglio degli aiuti deciso da Trump in risposta alla controversa legge sulle terre sta già mettendo in crisi la sua economia.
Cosa era successo, qual è la colpa della leadership sudafricana? A gennaio, Ramaphosa ha firmato una controversa misura che consente al governo di espropriare terreni privati senza fornire indennizzi quando ritenuto nell’interesse pubblico.
La minoranza bianca (7%) detiene i tre quarti delle terre
L’obiettivo, sostiene la legge, è affrontare le conseguenze dell’apartheid e correggere l’equilibrio che vede una minoranza di bianchi, il 7% della popolazione, detenere i tre quarti delle aziende agricole. Per Trump e la sua amministrazione, invece, si tratta di un provvedimento “razzista”, ed è per questo che il 7 febbraio ha firmato un ordine esecutivo per tagliare tutti i finanziamenti americani al Sudafrica e a marzo ha espulso l’ambasciatore sudafricano.
Per cercare di ammorbidire The Donald, il sudafricano ha perfino portato con sé alla Casa Bianca i campioni di golf Ernie Els e Retief Goosen. Ma, a parte le battute iniziali sullo sport preferito dal presidente americano, il bilaterale è entrato subito nel vivo quando Trump ha chiesto al suo omologo una spiegazione sulle “cose brutte che stanno accadendo in Africa”.
Ramaphosa, ex negoziatore di Mandela, mantiene la calma
“Abbiamo accolto delle persone che si sentivano perseguitate”, ha incalzato il commander-in-chief riferendosi al gruppo di 49 agricoltori bianchi arrivati a Washington nei giorni scorsi con lo status di rifugiati. Da lì è stato un crescendo, smorzato solo dal fatto che alla fine Ramaphosa, abile mediatore, ha deciso di non replicare più alla accuse del presidente americano, almeno di fronte ai media e in diretta streaming.
“Non c’è bisogno che dica io che non c’è il genocidio degli afrikaner, basta che ascolti i suoi amici sudafricani qui”, ha detto il leader sudafricano. Il presidente Ramaphosa ha provato a replicare che gli atti di violenza sono opera di “una minoranza di estremisti” e che quella “non è la linea del governo”, ma di fronte alla richiesta del tycoon di spiegare perché i “criminali” non siano stati arrestati non ha potuto fare altro che tacere.