Nigeria, riscatto e video alla moglie: misteri sulla fine di Lamolinara

Pubblicato il 12 Marzo 2012 - 10:07 OLTRE 6 MESI FA

Franco Lamolinara (Foto LaPresse)

LAGOS  (NIGERIA) – Alla fine di febbraio Anna Molinara avrebbe visto un video in cui il marito Franco, ingegnere rapito e ucciso in Nigeria durante il blitz delle teste di cuoi inglesi, era vivo.

La Farnesina, mostrando il video alla signora Lamolinara, le aveva chiesto di non parlarne a nessuno per evitare di compromettere la trattativa con i rapitori per il rilascio.

Secondo quanto scrive il Messaggero, la signora aveva confidato agli amici del video, raccontando che nelle immagini il marito le era sembrato “molto dimagrito ma non abbandonato a se stesso”. Ma soprattutto la signora Lamolinara aveva percepito che era a conoscenza di una trattativa in corso per la sua liberazione.

Anche alla Farnesina si erano detti, scrive il Messaggero, “ottimisti”, e avevano definito quel video un segnale di svolta. Prima di allora, infatti, le notizie sulla sorte dell’ingegnere erano state scarse, e non avevano mai confermato che l’uomo fosse ancora vivo.

Addirittura poi a Gattinara, il paese in provincia di Vercelli in cui vive la famiglia Lamolinara, circolava una voce secondo cui “ad Roma dicono che entro Pasqua tornerà a casa”.

Un altro mistero intorno alla morte di Lamolinara è quello che riguarda il presunto riscatto che, secondo diversi quotidiani britannici, sarebbe stato pagato. Secondo l’Independent on Sunday dell’11 marzo ci sarebbero stati contatti tra il gruppo di estremisti islamici Boko Haram e Manchester, dove vive la famiglia dell’altro ostaggio morto nel blitz, l’inglese Chris McManus.

Secondo l’agenzia mauritana Agence Nouakchott D’Information i sequestratori avevano chiesto 5 milioni di euro, di cui sarebbero stati pagati 1,2 milioni, anche se fonti ufficiali inglesi negano il pagamento di un riscatto.

Per il portavoce di Boko Haram, “I rapitori erano riusciti ad aprire un canale con la famiglia di McManus con cui erano state aperte trattative basate sul pagamento di un riscatto di 5 milioni di euro e sulla liberazione di alcuni detenuti nella regione”. La famiglia di Lamolinara sarebbe entrata in gioco e accettata nel negoziato senza richieste supplementari.

”Alla fine era stato trovato un accordo – ha aggiunto il portavoce – in base al quale le famiglie dovevano pagare un riscatto di 1,2 milioni di euro (senza l’intervento dei governi)”, una riduzione che l’Observer attribuisce alla linea britannica, ”più intransigente” di quella italiana. Poi però qualcosa era andato storto: agenti britannici e nigeriani avevano seguito i rapitori, scoperto il covo, e organizzato il blitz.

Londra ufficialmente non paga riscatti ma non mette i bastoni tra le ruote se famiglie o aziende decidono di pagare, specialmente se questo può salvare la vita di ostaggi. ”Non è inusuale” che rapitori contattino le famiglie direttamente, ha detto una fonte del Foreign Office, negando tuttavia che sia mai stata fatta nel caso specifico alcuna richiesta di denaro o sia mai stato pagato un anticipo: ”Non c’è mai stata una richiesta coerente e nessuna indicazione che gli ostaggi sarebbero stati liberati”, ha detto la fonte, definendo ”non accurata” l’idea che ”ci fosse un accordo in dirittura d’arrivo”.

E’ questa invece la tesi di Boko Haram, ma anche di amici della famiglia Lamolinara. Gli ostaggi – ha detto il portavoce del gruppo islamista – avrebbero dovuto essere consegnati a intermediari: un certo ‘signor Begin’ e l’oppositore mauritano Mustapha Ould Imam Chafi, influente personaggio dell’Africa occidentale già coinvolto in negoziati per la liberazione di ostaggi sequestrati da al Qaida per il Maghreb islamico (Aqmi). Tra questi, il diplomatico canadese Robert Fowler rapito in Niger nel 2008 e l’anno scorso, secondo il Mail on Sunday, l’italiano Sergio Cicala e la moglie.