Cancro ovaie. Gb nega rimborso Olaparib. Troppi 5700 € mese per un anno di vita in più

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Giugno 2015 - 09:47 OLTRE 6 MESI FA
Cancro ovaie. Gb nega rimborso Olaparib. Troppi 5700 € mese per un anno di vita in più

Cancro ovaie. Gb nega rimborso Olaparib. Troppi 5700 € mese per un anno di vita in più

ROMA – Cancro ovaie. Gb nega rimborso Olaparib. Troppi 5700 € mese per un anno di vita in più. Il sistema sanitario inglese ha deciso di non rimborsare più l’Olaparib, potente e costoso farmaco anti tumorale utilizzato dalle donne affette dalla forma più comune di cancro alle ovaie e della mutazione dei geni BRCA 1 e BRCA 2 che le rende altamente esposte al rischio di ammalarsi di questa forma tumorale. La stessa mutazione (BRCA 1) che ha convinto l’attrice Angelina Jolie a rimuovere chirurgicamente e a scopo preventivo le ovaie.

La decisione, inserita nelle linee guida del Nice (National Institute for Health and Care Excellence), affronta un nodo etico, sanitario e finanziario di difficile risoluzione: ha senso aggravare in maniera che potrebbe diventare insostenibile il sistema sanitario pubblico solo per garantire, non la guarigione, ma al massimo uno/due anni di vita in più? Nice, pur dispiacendosene, dice di no, almeno nel caso dell’Olaparib: sostenere una spesa di 49mila sterline all’anno supera abbondantemente il tetto di 20/30mila sterline e se ci si mettono i test di compatibilità del paziente i costi aumentano.

Olaparib, aggiunge il rapporto Nice, rallenta la progressione della malattia ma non c’è evidenza che allunghi davvero la vita; dal momento che i pazienti che seguono i normali trattamenti già vivono in media due anni in più sull’Olaparib non possiamo permetterci la flessibilità usata con altri farmaci di tanto in tanto. Le associazioni nazionali anti-cancro contestano il rapporto: il farmaco viene utilizzato all’estero, i numeri delle morti per cancro alle ovaie mettono la Gran Bretagna saldamente fuori dalle prime posizioni per trattamenti riusciti contro il cancro alle ovaie. Pierluigi Battista sul Corriere della Sera pone efficacemente la questione: “Quanto costa un anno di vita (in più)?”

Questa è la nuova domanda bioetica che saremmo prima o poi costretti ad affrontare. La battaglia contro il cancro ha fatto passi giganteschi. Oramai si ottengono risultati dalla medicina, dalla chirurgia, dalla radioterapia, insperati fino a qualche anno fa. Ma dobbiamo convivere con la fine di un’illusione: che prima o poi venga scoperta una pillola miracolosa in grado di debellare il cancro, la terapia risolutiva, definitiva che farà ricca l’industria farmaceutica che la troverà dopo aver finanziato la ricerca e potrà essere distribuita a prezzi contenuti perché la sua diffusione universale porterà gigantesche remunerazioni a chi ha avuto la fortuna e la bravura di scoprire la formula magica.

No, oramai la ricerca ha preso una direzione opposta: punta all’individualizzazione della cura, non alla sua universalizzazione come è avvenuto e tuttora avviene con la chemioterapia, alla singola mutazione genetica da colpire con farmaci miratissimi. E che dunque, potendo raggiungere una fascia ristretta di malati, non potrà che produrre farmaci costosissimi. 5.700 euro al mese per l’”olaparib”, riferisce Adriana Bazzi: come è possibile sostenere a lungo costi così elevati?

Ma come è possibile negare anni, o forse mesi di vita a chi ancora può vivere decentemente e addirittura brillantemente? Che può vivere pienamente, non inchiodato a un letto in un’agonia angosciosa e dolorosa, ma nella ricchezza di un’esistenza piena di affetti e di luoghi, di persone, di volti, di gusti, di viaggi? Vita vera, e non un antipasto della morte? Ecco perché la decisione del sistema sanitario inglese trasmette una grande angoscia, mortifica chi è malato e non vuole che lo si “lasci morire” e non vuole per di più essere colpevolizzato per la bancarotta del Welfare. (Pierluigi Battista, Corriere della Sera).