Franca Rame, “doppia vita di una radical chic”. Contro-ritratto su Libero

Pubblicato il 30 Maggio 2013 - 14:05 OLTRE 6 MESI FA
Ranca Rame giovanissima e sexy

Franca Rame, bellissima a inizio della carriera

ROMA – Franca Rame, “doppia vita di una radical chic”. Contro-ritratto su Libero. Un po’ di santificazione della “leonessa che regalò il coraggio alle donne” (Repubblica, Gad Lerner in prima pagina), ammettiamolo, c’è stata. Il coccodrillo velenoso di Stefano Borgonovo su Libero ha forse il merito di fornire un riparo dalle folate di incenso. Un contro-ritratto di Franca la bionda prima che divenisse Franca la Rossa, procace soubrette poi eroina dell’impegno, Franca bellissima (leitmotiv d’ogni orazione funebre dedicatale).

Bellissima e piena di vita, di tanta forza da farsi anche “piedistallo” alla gloria di cotanto marito. 60 anni di vita insieme della celebrata ditta Fo-Rame, 59 di matrimonio. Borgonovo ci offre un repertorio orientato (speculare alla super ideologizzata coppia) delle contraddizioni che hanno contraddistinto la sua esistenza col dichiarato proposito di definire quelle di “una sinistra eternamente in cerca d’autore”. Obiettivo mancato ma repertorio gustoso da rievocare.

“La doppia vita di una radicl-chic” applica alla coppia milionaria/comunista la categoria che Tom Wolfe applicò ai comunisti da salotto (Leonard Bernstein) che flirtavano per puro snobismo con le Black Panthers contro la politica razziale Usa. Franca Rame all’inizio degli anni ’80 denuncia la pretesa dello Stato di punire i terroristi quando “è esso stesso criminale e terrorista” e ospita i famigliari di alcuni detenuti Br al suo spettacolo. Borgonovo non sa spiegarsi, però, la conversione dal garantismo al giustizialismo di Di Pietro che nel 2006 la fa eleggere al Senato.

E poi la contraddizione dei soldi. In un’intervista del ’75 all’Europeo Franca Rame confessò come fosse assurdo condurre le battaglie per i proletari però “nei posti tradizionali, dove la gente sfoggiava grandi macchine, grandi case, persino l’aereo qualcuno […] un certo discorso politico non lo puoi fare con addosso una pelliccia da tre milioni o il Guttuso alla parete”.

E le contraddizioni in famiglia, con lei costretta a incassare le scappatelle seriali del marito genio e che la spinge a solidarizzare anni dopo con Veronica. Fa sorridere, nel contro-racconto la medaglietta che il pargolo cresciuto Jacopo Fo che regala alla venerata mamma Rame con dedica: “Alla mia cara mamma, tanto bella e tanto buona, che non ha mai tradito il proletariato internazionale”.

Fa meno ridere vedere infilata nell’elenco delle contraddizioni la tragedia dello stupro da parte dei fascisti del ’73, e il relativo spettacolo che successivamente con coraggio portò nei teatri e che segnò la sua carriera di autrice. Lo stupro non fa parte delle finzioni letterarie, si ha il sospetto, per come la mette Borgonovo, che l’abbia subito apposta per diventare “simbolo delle donne oppresse”.