BERLUSCONI: ”SERVE LEGGE SU INTERCETTAZIONI, AL QUIRINALE VEDO LETTA”

Pubblicato il 1 Giugno 2008 - 23:05 OLTRE 6 MESI FA

Berlusc_napolit Nei giardini del Quirinale, in occasione del ricevimento per la festa del 2 giugno, più di una persona ipotizza una futura successione di Silvio Berlusconi al Colle quando terminerà il mandato di Giorgio Napolitano.

I cronisti chiedono direttamente al presidente del Consiglio se sia possibile questo scenario. Ma Berlusconi si schernisce: «Non è bello parlare di queste cose quando c’è un presidente in carica». Il premier, per la prima volta da quando è tornato a palazzo Chigi, rompe il silenzio stampa che si è imposto con i giornalisti al di fuori delle conferenze stampa ufficiali. I cronisti insistono, chiedono se quando terminerà il mandato di Giorgio Napolitano potrà toccare a lui: «No, a me non penso», risponde Berlusconi. «Io per il futuro un nome già ce l’ho: è Gianni Letta».

Berlusconi interviene anche sulla questione intercettazioni e lo fa ribadendo direttamente al segretario della Fnsi Roberto Natale la necessità di una legge con sanzioni per i giornali che pubblicano stralci dei verbali. In realtà, il presidente del Consiglio cerca dapprima di sottrarsi in tutti i modi alle domande dei giornalisti. E in parte ci riesce, dribblando i cronisti. «Sono allergico alle feste di questo tipo, ma questa volta ho ricevuto l’invito con una particolare cordialità e ho sentito il dovere di presenziare», si limita a dire a chi gli chiede come mai, per la prima volta da quando è in politica, abbia deciso di venire al rinfresco nei meravigliosi giardini del Quirinale. Ma quando gli si chiede dell’Iran, ad esempio, torna il silenzio: «Serve ponderazione prima di rispondere», dice allontanandosi dai giornalisti.

Solo quando gli il segretario della Federazione nazionale della Stampa, Roberto Natale, gli si avvicina per chiedergli di tutelare il diritto di cronaca nell’eventualità che vi sia una riforma delle norme sulle intercettazioni, il premier risponde nonostante sappia di avere intorno parecchi taccuini: capisco le ragioni della stampa, dice Berlusconi, tanto è vero che nel provvedimento «non ci saranno cose straordinarie». Ma «il diritto alla privacy è la prima cosa perchè tutto il popolo italiano ha diritto, quando alza la cornetta, di non sentirsi intercettato». Questo, sottolinea, è quello che mi chiedono gli italiani. Il Cavaliere ricorda a Natale i tanti comizi tenuti in campagna elettorale. «Quando chiedevo in piazza chi si sentisse al sicuro parlando al telefono sa in quanti alzavano le mani? Nessuno». Il segretario della Fnsi insiste, chiedendogli se i lettori non abbiano diritto ad essere informati, Berlusconi si dice pronto a discutere le misure: «Io di natura sono uno che non ha pregiudizi, come dimostra il fatto che sono il più liberale degli editori». Tuttavia, ricorda, «in Europa le intercettazioni si fanno sulle organizzazioni criminali e terroristiche e basta. E noi dobbiamo adeguarci a ciò».

A chi gli chiede delle nomine nei grandi enti pubblici, Berlusconi sottolinea di aver «dato prova di massima collaborazione con l’opposizione». A conferma di ciò ricorda che l’unico fra i dirigenti a non essere stato confermato si è dimesso per sua volontà. Altro interlocutore, altro tema: «Con un pò di tempo aggiusteremo l’Italia. È un lavoro immenso ma ce la faremo». Le battute non mancano, come quella alla moglie di Maurizio Lupi, vice presidente della Camera («suo marito è bravissimo e mi è dispiaciuto davvero tanto non poterlo portare al governo, ma prima o poi ce lo porterò») o a Giovanni Floris («Lei è il più bravo», dice al sorpreso conduttore di Ballarò). Ma non mancano neanche le conferme: Berlusconi ribadisce ad esempio di voler realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina (»lo faremo« assicura al presidente dell’Anas Piero Ciucci). Prima di lasciare il Quirinale, il premier parla a lungo con il capo della polizia Manganelli, con Gianni Letta e con Francesco Rutelli. Per parlare con l’ex sindaco di Roma si mette al riparo da occhi indiscreti.