Diritti umani e razzismo, il grande fallimento dell’Onu

Forse il più clamoroso fallimento organizzato e voluto dall’Onu quello della Conferenza contro il razzismo. Si è sciolta, si è dissolta dopo la scena del leader iraniano che accusa Israele di genocidio organizzato e l’abbandono della sale dei delegati europei. Fosse proseguita, sarebbe andata avanti una rappresentazione grottesca: quella di paesi che ignorano, nella pratica e nella legislazione interne, i diritti umani, a partire da quelli delle donne per arrivare a quelli politici e che vanno alla tribuna a condannare l’occidente che quei diritti faticosamente li riconosce e li applica.

Il giorno dopo la rappresentazione plastica di un mondo che non si intende e che appare inconciliabile: in Israele il silenzio nazionale per commemorare l’Olocausto, a Teheran Ahmadinejad ricoperto di fiori dalla folla osannante, osannante perchè a Ginevra il loro capo ha detto che Israele è razzismo e Stato da cancellare.

Ma non è solo questione, sia pur enorme e drammatica, di Israele. Mezzo mondo, quello islamico e parte dell’Africa islamizzata, esige che sia sancito come diritto umano non la libertà di pensiero ma la libertà delle religioni, spesso di Stato, di fatto teocrazie, da ogni critica e opposizione politica. La non religiosità va equiparata a blasfemia civile e politica, repressa, impedita. Si chiede, si esige che l’occidente torni a tre secoli fa, addirittura all’unità inscindibile tra Stato e Chiesa. Con qualche esitazione, l’Occidente si è alzato da questo improponibile tavolo. Desta interrogativi il fatto che a quel tavolo sia rimasto seduto il rappresentante dello Stato cattolico.

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