INTERCETTAZIONI: IL ”CALVARIO” DEL CAVALIERE

Pubblicato il 26 Giugno 2008 - 23:00 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera pubblica un commento di Francesco Verderami sul problema delle intercettazioni. Lo riportiamo di seguito:

”«A Strasburgo, tra i miei colleghi europarlamentari, ho avvertito un senso di stupore e di sconcerto quando abbiamo iniziato a esaminare gli atti del caso Unipol». Il racconto di Giuseppe Gargani misura la distanza tra l’Italia e l’Europa della civiltà garantista. Il presidente della commissione giuridica di Strasburgo rivela che «gli eurodeputati erano sbalorditi per la richiesta della magistratura italiana di utilizzare i colloqui telefonici tra Massimo D’Alema e l’ex presidente di Unipol Giovanni Consorte, perché considerano la privacy un tabù inviolabile. «Non si può intercettare un deputato», mi dicevano. Ho dovuto spiegare con un po’ di vergogna come da noi la legge viene aggirata. D’Alema mi ha fatto chiamare dagli amici degli amici per capire cosa ne pensavo della faccenda. Gli ho fatto sapere che se ha bisogno può chiamarmi direttamente, dato che ci conosciamo».

Se in Europa la violazione delle regole nei casi giudiziari è vissuta come «uno scandalo», in Italia è invece un consolidato strumento di lotta politica. La diffusione dei colloqui tra Berlusconi e il dirigente della Rai Saccà – che fanno parte dell’inchiesta aperta dalla procura di Napoli – ha alimentato ieri lo scontro sulla giustizia, ostruendo le ultime vie di mediazione, allargando il fossato tra maggioranza e opposizione. Anche se nelle file dei democratici c’è chi indirettamente manifesta solidarietà al Cavaliere. Lo s’intuisce da una battuta dell’ex tesoriere ds Sposetti, che ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza per il caso Unipol: «Sono ripartite le intercettazioni? E perché, si erano mai fermate?». No. E il premier aveva previsto che – dopo Milano – si sarebbe aperto il fronte giudiziario partenopeo. Aveva messo nel conto anche l’uscita dei suoi colloqui telefonici. Insomma, era preparato.

Ma quando ieri l’hanno informato della notizia si è trattenuto a stento: «Dare in pasto alla stampa conversazioni private senza alcuna rilevanza penale è una vergogna. Andrebbe usato il napalm». E mentre il Cavaliere veniva inghiottito in un vertice sull’emergenza rifiuti, alla Camera s’inseguivano le voci. Il deputato napoletano Laboccetta confidava di sapere «con certezza che i magistrati stanno lavorando attorno a una serie di intercettazioni»: «Riguardano il premier, e a quel che mi dicono sono molto private. Se non è una manovra orchestrata…». «Vorrà dire che gli italiani sapranno come anche in quel campo sono il numero uno», è stata la battuta di Berlusconi riferita dai suoi più stretti collaboratori, secondo i quali il Cavaliere alterna sprazzi di ottimismo e buonumore a momenti di profondo sconforto. In questi casi la vittima predestinata è l’avvocato-deputato Ghedini. È con lui che ragiona e si sfoga. «Eccoci», ha esordito anche ieri: «Invece di fare il presidente del Consiglio faccio l’imputato. E devo sentirmi pure la morale da quelli del Pd, che mi invitano a difendermi nei processi. Bene. Allora dovrei chiamare il capo dello Stato e avvisarlo che non potrò andare al G8 perché devo esercitare il mio diritto alla difesa. Dovrei dirgli che purtroppo l’Italia al G8 non sarà rappresentata. E siccome devo studiarmi le carte, non potrò convocare il Consiglio dei ministri, né firmare atti di governo. Dovrei fare così? Andiamo… La verità è che ormai siamo precipitati in un regime. Ma io non mollerò mai, mai».

Più del caso Mills, è la diffusione delle intercettazioni a ferire il Cavaliere, perché teme ne venga ferita la famiglia. Il ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto ha già passato questo «calvario»: «Penso a quello che dovette subire mia madre». Ora aspetta di rivalersi «su una giustizia ingiusta», ma il punto è che – politicamente – non è stato ancora trovato un rimedio. Il ddl del governo tarda ad arrivare in Parlamento, perché Berlusconi vorrebbe restringere l’uso delle intercettazioni da parte dei magistrati, altrimenti – è il suo pensiero – resterebbe tutto come prima. Ma c’è chi fa presente che è più importante il controllo sulle richieste dei pm. Il problema comunque è così avvertito che l’Udc, con Luca Volontè, chiede ora che si agisca addirittura per decreto: «Solo in un verminaio può accadere che ogni sei mesi pseudo-giornalisti, in combutta con magistrati acquiescenti, pubblichino verbali di telefonate private. È una vergogna indegna per un Paese civile, lo stesso editore dell’Espresso dovrebbe vergognarsi». Dice il segretario del Pri, Francesco Nucara: «Se dopo appena due mesi di legislatura siamo già a questo punto, cosa accadrà di qui a cinque anni?». Italia, lontana periferia d’Europa”.