Pensioni d’oro, Tito Boeri non legge la Voce: saprebbe che le sue idee sono incostituzionali e inapplicabili

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Novembre 2021 - 19:25 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni d'oro, Tito Boeri non legge la Voce: saprebbe che le sue idee sono incostituzionali e inapplicabili

Pensioni d’oro, Tito Boeri non legge la Voce: saprebbe che le sue idee sono incostituzionali e inapplicabili

Pensioni d’oro, ma dove? Il partito dell’odio guidato da Tito Boeri si agita, al ritmo di fantasie e bugie, provocando indignazione. Ma viene rintuzzato con dati di fatto costringendolo in un angolo. 

Ci si domanda quale possa essere la credibilità di un autore che scrive su Repubblica con una certa frequenza. Dopo essere stato anche nominato all’epoca di Matteo Renzi presidente dell’Inps, il massimo ente previdenziale italiano. Viene da chiedersi: dove ha portato l’Inps trascinato da tanto furore ideologico?

Sarebbe interessante capire in che momento della sua vita Boeri abbia svoltato sulla strada dell’invidia sociale. Che colpa ne ha il direttore del giornale per cui scrive se prende uno stipendio superiore a quello di Boeri. E quindi avere una pensione più alta?

I giornalisti italiani temono l’attivismo di Boeri. E replicano. Ci sono stati ottimi interventi di Marina Macelloni, presidente dell’Inpgi e di Raffaele Lorusso, segretario della Federazione della Stampa. Nel dibattito a Repubblica lo hanno steso.

Ora è intervenuto un altro personaggio di spicco del giornalismo italiano, Roberto Seghetti, già redattore di Panorama dei tempi d’oro, addetto stampa di Vincenzo Visco ministro delle Finanze, segretario del sindacato dei giornalisti di Roma e Lazio.

Il punto più divertente è quando Seghetti ricorda un articolo che mette in ridicolo tesi e obiettivi di Boeri. Si tratta dell’intervento di Maurizio Cinelli, esperto di normative sul lavoro e sulla previdenza, docente e membro di diverse commissioni di studio su questi temi. Lo ha scritto proprio su www.lavoce.info, sito casalingo e abituale di Boeri. È, nota Seghetti, quasi a risposta e a correzione di Boeri.

Scrive Cinelli: “Poco credibile è che possa superare il vaglio di costituzionalità un intervento perequativo portato, in ipotesi, sulle sole pensioni dei giornalisti, una volta che la gestione pensionistica sia unificata nell’Inps.

Un ricalcolo delle pensioni è impossibile

“Sono troppe le sperequazioni ancora presenti nel vigente ordinamento, perché si possa riuscire a “ritagliare” una posizione specifica alla situazione che riguarda i relativi trattamenti pensionistici, tale da poter affrontare adeguatamente l’eventuale vaglio di costituzionalità.

“Sono ben noti, d’altra parte, i problemi, tanto pratici quanto teorici, che incontrerebbe un generalizzato intervento di ricalcolo contributivo di quei trattamenti. D’altra parte, di fronte a siffatto progetto di perequazione c’è da chiedersi, realisticamente, a quali condizioni, chi e come potrebbe riuscire a portare la questione all’esame della Corte.

“La volontà del legislatore di favorire la categoria è troppo evidente, perché siano pensabili obiezioni al proposito”.

Come dire, osserva Seghetti, che “una cosa del genere o la fai per tutti o non regge, tanto più che ricalcolare tutte le pensioni con il contributivo è un vecchio pallino di Boeri e glielo hanno già smontato quando era presidente dell’Inps anche per impraticabilità tecnica.

L’articolo si legge d’un fiato, nonostante le 1.600 parole del testo. Ne riportiamo ampi stralci, a cominciare dal titolo, sul sito Professionereporter.eu, efficace. “Inpgi: colpe, rischi, paure. Manuale per rispondere agli attacchi di tecnici e politici”.

L’entrata a gamba tesa di Tito Boeri

Tra questi, appunto, Tito Boeri con la sua entrata a gamba tesa. Si tratta, scrive Seghetti, “di personaggi, anche molto esperti, ma da tempo nemici giurati dei giornalisti”.

Da tempo quanto? C’è chi ha idee crudeli. Potrebbero essere giustificate da eventi o mancati eventi del passato? Nel profondo dell’animo umano può penetare solo il Creatore.

Seghetti non si pone il problema e invece cerca “di capirci qualcosa”.

Il trasferimento dell’Inpgi 1 all’Inps, ricorda Seghetti, è previsto dal disegno di legge sul Bilancio presentato dal Consiglio dei ministri e che sta per approdare all’esame del Parlamento.

Il DDL di Bilancio, avverte, è un testo che il governo presenta alle Camere all’inizio dell’autunno e che il Parlamento deve approvare entro il 31 dicembre. Quindi “tutto ciò che è oggi previsto in questo articolo potrebbe essere modificato in meglio, in peggio, stravolto, perfino cancellato se la maggioranza dei deputati e dei senatori lo ritenessero opportuno”.

I commi sulle pensioni dei giornalisti

Ed ecco i commi più significativi dell’art. 29 del disegno di legge S. 2448.

1-Al fine di garantire la tutela delle prestazioni previdenziali in favore dei giornalisti, con effetto dal 1° luglio 2022, la funzione previdenziale svolta dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani “Giovanni Amendola” (INPGI) ai sensi dell’articolo 1 della legge 20 dicembre 1951, n. 1564, in regime di sostitutività delle corrispondenti forme di previdenza obbligatoria, è trasferita, limitatamente alla gestione sostitutiva, all’Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) che succede nei relativi rapporti attivi e passivi.

Con effetto dalla medesima data sono iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti i giornalisti professionisti, pubblicisti e i praticanti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica. Nonché, con evidenza contabile separata, i titolari di posizioni assicurative e titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti già iscritti presso la medesima forma. 

2- Il regime pensionistico dei soggetti di cui al comma 1 è uniformato, nel rispetto del principio del pro-rata, a quello degli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti con effetto dal 1° luglio 2022. In particolare, per gli assicurati presso la gestione sostitutiva dell’INPGI, l’importo della pensione è determinato dalla somma: 

a) delle quote di pensione corrispondenti alle anzianità contributive acquisite fino al 30 giugno 2022 calcolate applicando le disposizioni vigenti presso l’INPGI;
b) della quota di pensione corrispondente alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° luglio 2022, applicando le disposizioni vigenti nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

Il massimale contributivo

3. Fermo restando quanto previsto al comma 2, ai soggetti già assicurati presso la gestione sostitutiva dell’INPGI per i quali il primo accredito contributivo decorre in data compresa tra il 1° gennaio 1996 e il 31 dicembre 2016, non si applica il massimale contributivo di cui all’articolo 2, comma 18, secondo periodo, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni e integrazioni.

Il meccanismo del massimale contributivo di cui alla suddetta disposizione si applica ai soggetti già assicurati presso la gestione sostitutiva dell’INPGI con primo accredito contributivo decorrente in data successiva al 31 dicembre 2016, per i quali il trattamento pensionistico è calcolato esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo. 

4. Fermo restando quanto previsto al comma 2, ai fini del diritto al trattamento pensionistico, i soggetti già assicurati presso la gestione sostitutiva dell’INPGI che abbiano maturato entro il 30 giugno 2022 i requisiti previsti dalla normativa vigente presso l’INPGI alla predetta data conseguono il diritto alla prestazione pensionistica secondo la medesima normativa. 

Dalla presentazione del DDl di Bilancio il professor Boeri, già presidente dell’Inps, ha avviato una campagna di sensibilizzazione, suggerendo sostanzialmente tre interventi correttivi”. Di essi il più sigificativo è il ricalcolo delle pensioni Inpgi considerate troppo elevate.

Ma, chiede Seghetti, “possono essere riviste le pensioni in essere erogate dall’Inpgi? Tutto è possibile, ma questo passaggio appare alla stragrande maggioranza dei tecnici, degli esperti e dei conoscitori delle leggi italiane assai difficile, se non impossibile. Tre sono le ragioni di fondo che lo rendono tale. La prima riguarda la Costituzione. Su questo abbiamo già riportato sopra l’opinione di Maurizio Cinelli, riportata proprio su La Voce.info, organo ufficiale del Boeri-pensiero, che lui evidentemente non legge. 
La seconda ragione di fondo riguarda proprio l’adeguatezza delle pensioni Inpgi. Esse sono in genere più alte della media Inps, ma non senza motivo. Sì, c’è stato in passato, ma remoto, anche un sistema di calcolo più favorevole; ma da decenni è stato via via modificato, fino al punto che oggi non c’è già differenza sostanziale.

Ma oggi c’è un abbattimento fra ultima retribuzione e pensione che arriva al 60-70%. Che vuole Boeri?

Oggi, per i giovani, gli stipendi sono meno pesanti dei decenni precedenti, ma prima non era così. Tra i giornalisti, e in particolare tra coloro che hanno fatto carriere importanti fino a oggi (inviato, caporedattore, direttore e vice) sono numerosi coloro che hanno ricevuto retribuzioni molto elevate. Boeri se ne faccia una ragione

Di conseguenza, hanno versato molti contributi e la pensione ha raggiunto medie superiori a quelle Inps. Ma non superiori, anzi di molto inferiori, a quelle di categorie com i telefonici, che con il passaggio all’Inpa hanno fatto bingo.

La cartina di tornasole di questa verità sta nel fatto che, se si dovesse davvero fare un ricalcolo contributivo, è possibile che a rimetterci siano i giornalisti meno fortunati, quelli che hanno guadagnato di meno e avuto una carriera discontinua, perché gli altri, proprio coloro che fanno invidia e suscitano risentimento per le alte pensioni accumulate, se ne beneficerebbero.

L’ultima ragione riguarda la singolarità dell’Inpgi 1, che è stato sì privatizzato, ma ha continuato ad essere considerato dallo Stato in tutto e per tutto sostitutivo dell’Ago, e quindi con garanzia pubblica come per tutti gli italiani, come previsto da una legge mai abrogata; ed è rimasto per giunta erogatore, con propri fondi, degli ammortizzatori sociali che tutte le altre categorie ricevono dall’Inps.  

In conclusione, scive Seghetti, “chi agita questo spauracchio (Boeri, Il Foglio, qualche politico) sa bene che non otterrà questo risultato, ma non demorde perché l’obiettivo è un altro: piantare una bandiera ideologica. Il rischio massimo, allo stato attuale del dibattito e delle cose, è un qualche contributo di solidarietà”.