Smog: preferenziali aperte a scooter e moto

Autobus, taxi, ambulanze, auto blu e adesso anche scooter, motorini e motociclette: “tutti insieme appassionatamente” sulle corsie preferenziali. Questa almeno l’intenzione del vicesindaco di Roma Mauro Cutrufo che, per decongestionare le vie del centro, sta pensando di aprire parte dei 103 chilometri di corsie riservate ai mezzi pubblici anche alle due ruote dei privati.

Il vicesindaco capitolino non è solo: l’idea è realtà già da qualche anno a Milano – dove le corsie “preferenziali ma non troppo” ammontano però ad appena una decina di chilometri – e Londra che utilizza il sistema già da tempo. Ci sta pensando anche il Comune di Genova, quello che vanta la massima densità di centauri rispetto alla media nazionale: la proposta riguarda 3 chilometri di strada su 29 ma basta a sollevare polemiche senza fine.

La domanda di fondo è se il provvedimento serva o meno a cambiare le cose. Due considerazioni saltano subito agli occhi: la misura è un “tampone”, non ha nulla di strutturale e soprattutto regolarizza a posteriori lo status quo. Bastano due ingredienti, l’assenza di vigili e telecamere e il classico ingorgo, per vedere molte corsie preferenziali riempirsi di motorini, scooter e pure qualche macchina. È il popolo dei furbi, degli esasperati da traffico dei “prendo lo scooter apposta per non fare la fila” e dei “un motorino in corsia d’emergenza che fastidio può dare?”.

Soprattutto il provvedimento, almeno a Roma, è l’ennesimo segnale di una lenta e progressiva inversione di tendenza. Con le amministrazioni precedenti sono arrivati i varchi Ztl, le strisce blu e una visione di fondo che puntava a disincentivare la mobilità privata. La nuova politica dei parcheggi a pagamento (abbonamenti giornalieri e mensili a prezzo ridotto) e la possibile apertura delle preferenziali alle due ruote lasciano invece intravedere una maggiore tolleranza verso il mezzo privato mentre di autobus e metropolitane si parla molto meno. Si tratta di investimenti costosi, di lungo periodo, e soprattutto, spesso impopolari.

A Milano le corsie aperte alle due ruote ci sono ma col contagocce. Le ultime le hanno rese nuovamente disponibili al transito a fine gennaio nei giorni dei picchi di monossido di carbonio mentre si studiava il piano delle “domeniche a piedi”. Riccardo De Corato, vicesindaco e assessore alla mobilità però assicura: «Ne vogliamo aprire delle altre, la presenza delle moto sulle corsie riservate contribuisce a ridurre la congestione del traffico e l’inquinamento».

Le altre città si regolano ognuna a modo suo, emblematico esempio di “federalismo stradale”: a Genova si partirà con l’esperimento che, però, piace pochissimo a chi per strada ci lavora. Torino, invece, ha tagliato la testa al toro: ci sono più chilometri di strade ciclabili (85) che di corsie preferenziali (35). E anche in queste ultime, di norma, motorini e scooter circolano tranquillamente. A Bologna, dove non ci si mette lo spauracchio dell’occhio elettronico, le due ruote viaggiano ovunque abbastanza tollerate.

Di corsie aperte, invece, a Parma non ne vogliono neppure sentir parlare. L’assessore alla viabilità Davide Mora è preoccupato per la «promiscuità» di mezzi così diversi. A Palermo niente da fare: tra autobus, taxi e 29.000 autorizzati tra disabili e politici c’è già quasi più traffico sulle preferenziali che sulle strade normali. Il contrappasso del privilegio.

Londra, invece, è un altro mondo. Nella “City” i mezzi pubblici sono una cosa seria, la metro offre 12 linee per 414 km totali,  e se a qualcuno venisse la fantasia perversa di prendere comunque la macchina ci pensa una pesante “congestion charge” (tassa sul traffico) a ridurlo a più miti consigli. Nel centro girano quasi più taxi che auto private e quindi, in un quadro che offre abbondanza di alternative, far circolare le due ruote sulle corsie di emergenza non rappresenta di certo un grosso problema.

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