“La crisi c’ha piegati, viviamo in parrocchia”: gli sfrattati a Torino di Zancan

Pubblicato il 20 Gennaio 2013 - 20:23 OLTRE 6 MESI FA
“La crisi c’ha piegati, viviamo in parrocchia”: gli sfrattati a Torino di Zancan

TORINO – La crisi li ha piegati e loro, sfrattati e poveri, vivono in parrocchia. Niccolò Zancan per La Stampa racconta la storia di questi nuovi poveri, che dopo una vita di lavoro si ritrovano disoccupato e senza prospettive per un futuro migliore. Impossibile, con la crisi dilagante, trovare un nuovo posto di lavoro.

Il tempo, scrive Zancan, lo passano tra passeggiate in città e il centro commerciale. Il freddo si combatte così, camminando tra le vetrine dei negozi, prima di tornare in piazza San Carlo, nelle vecchie stanze del convento che li ospita. Lì trovano asilo i figli della crisi, i nuovi poveri, costretti a vivere nella parrocchia.

Niccolò Zancan scrive su La Stampa:

“Fuori passa la vita. Fidanzati che si abbracciano, sacchetti colorati, turisti che fotografano la fontana di piazza Cln all’ora dell’aperitivo. Ogni scatto dei flash è un piccolo bagliore sparato contro questa finestra in penombra. E dietro alla finestra, in una delle vecchie stanze del convento della chiesa di piazza San Carlo – ora che non ci sono più frati – due uomini stanno meditando sul loro naufragio esistenziale. Licenziati, sfrattati, soli, sono finiti per strada. Hanno combattuto, sono diventati poveri. Si sono ammalati. Per ritrovarsi qui, ancora vivi. A passare le notti al riparo, tirati in salvo da un parroco.

Michele Montuori si sente in colpa. Indossa dei pantaloni neri per essere più elegante, si siede sul letto e parla piano, come avvolto da una nuvola di speciale malinconia: «Negli ultimi anni ero consulente aziendale, settore telefonia. Diciamo la verità: un mestiere fatto di niente. Ma guadagnavo bene. In certi momenti, benissimo. Avrei dovuto risparmiare, essere prudente. Ho buttato via un sacco di soldi…». Pietro Bianco, invece, tiene le mani congiunte sul bastone da passeggio e ti fissa da sotto un cappellino dei New York Yankees, con due grandi occhi pieni di frustrazione: «Ho sempre e solo lavorato. Termoidraulico e meccanico montatore, qualifica di quinto livello. Prima in azienda, poi con partita Iva, fino al 2010. Ho bussato a tutte le porte della città. Mi dicono che a 59 anni sono vecchio… Lo so bene. Il problema è che non sono ancora morto»[…]”.

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