Perché chiediamo tanto alla scuola e a chi insegna riconosciamo poco. Giovanni Belardelli sul Corriere della sera

L’inizio dell’anno scolastico si avvicina e tornano improvvisamente d’attualità i temi della riforma, del precariato, delle condizioni di lavoro e, soprattutto, della qualità dei nostri insegnanti. Giovanni Belardelli, sul Corriere della Sera, si interroga sullo scarso interesse dell’opinione pubblica al mondo scuola. BlitzQuotidiano ve lo propone come Articolo del giorno.

Cosa pensa l’Italia — il mondo politico, l’opinione pubblica fatta anche, ovviamente, di milioni di genitori e studenti — dei propri insegnanti, appartenenti a una professione visibilmente sempre più in crisi come immagine sociale e identità collettiva? L’ormai prossimo inizio dell’anno scolastico dovrebbe indurre a interrogarci su una questione del genere.

Ma, nella realtà, poche cose sembrano suscitare in Italia uno scarso interesse come ciò che riguarda la scuola e gli insegnanti, nonostante le continue, ma retoriche, affermazioni sulla centralità dell’istruzione nel mondo globalizzato. L’opinione pubblica sembra poco interessata a discuterne forse perché sfiduciata dall’aver sentito richiamare troppe volte in passato l’elenco, apparentemente sempre uguale, dei problemi che affliggono il nostro sistema scolastico: gli alti costi (spendiamo per l’istruzione più della media Ocse) a fronte di risultati scarsi in termini di apprendimento, i forti squilibri regionali, la difficoltà a considerare il merito nelle carriere degli studenti, da un lato, e nella valutazione del lavoro degli insegnanti, dall’altro. Perfino su quest’ultimo punto su cui tutti si dicono d’accordo — l’introduzione di meccanismi retributivi che premino gli insegnanti migliori — quando qualche tentativo è stato fatto (da Berlinguer nel 1999, dal ministro Gelmini oggi) si è visto come l’accordo celasse spesso un’opposizione sostanziale. […]

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