Università, arrivano i “Book Bloc”: i nomi dei libri più famosi finiscono sugli scudi anti-polizia

Pubblicato il 2 Dicembre 2010 - 13:16 OLTRE 6 MESI FA

Dopo le “guerre” degli ultimi giorni i studenti sono soddisfatti dei loro scudi: “Si sono piegati ma non spezzati, un po’ come noi…”.

A Roma, durante gli incidenti davanti a Montecitorio di martedì 30 novembre, gli studenti hanno usato come paratie difensive, degli “scudi letterari” con i nomi dei classici più famosi.

Racconta repubblica: “Loro sono i “Book Bloc”, così il collettivo di scrittori Wu Ming ha ribattezzato gli studenti che in questi giorni avanzavano corteo dopo corteo issando “scudi letterari”, simboliche difensive con i nomi dei classici più famosi, impossibile non notarli, “avete visto – buttano lì ironici i ragazzi – come la polizia manganellava la nostra Costituzione?”. Don Chisciotte e Satyricon, il Decamerone e L’Isola di Arturo, Cent’anni di solitudine e il Principe di Machiavelli, Gomorra ma anche Il Sole nudo di Asimov e Q di Wu Ming (quando firmavano ancora Luther Blissett), la biblioteca della guerriglia letteraria è una babele di titoli e di echi di cui sembra impossibile tracciare un filo rosso. Come sono stati scelti? E perché proprio questi? E da dove spuntano i Mille piani di Gilles Deleuze, insieme a Cecità di Saramago?”

“L’ideatore, – prosegue l’articolo di Repubblica del 2 dicembre – l’inventore degli scudi letterari dice che non c’è nulla di precostituito né, soprattutto, alcuna selezione letteraria, “ma tutto nasce in un pomeriggio di novembre all’università, per fare il catalogo ci siamo riuniti e ognuno tirava fuori i titoli che preferiva”. Davvero? In realtà Pietro, 22 anni, studente lavoratore, universitario la mattina e cameriere la sera, creatore di queste singolarissime armi, che usa un nome in codice “per evitare guai, sono pur sempre scudi”, dice che lui e gli altri sono già al lavoro per fabbricarne altri in vista delle prossime manifestazioni. “La protesta invecchia, bisogna rinnovarsi”.

“I titoli? Nessun problema, il nostro elenco di simboli è lunghissimo, abbiamo lasciato fuori Nanni Balestrini e il De Rerum Natura, i Fratelli Karamazov e anche Harry Potter, ognuno mette dentro quello che ha, i libri che ha scoperto a scuola e quelli che studia all’università, noi volevamo dimostrare che la cultura è la nostra unica difesa contro un Governo che la riduce in macerie. Se questi sono i libri che leggo? In gran parte sì, ho scoperto la letteratura grazie alla mia prof del liceo e da allora divoro veramente di tutto, in modo trasversale e totale”.

” Ma come interpretare allora questa biblioteca così particolare, – si chiede Repubblica – dove c’è anche la Costituzione italiana, le cui immagini stanno facendo il giro del mondo, contrapposte ai caschi e ai manganelli della polizia, ma dove l’unico libro “contemporaneo” è Gomorra di Saviano, fatta eccezione per Q, libro cult dei Wu Ming quando ancora si chiamavano Luther Blissett, e pubblicato nel 1999? Per Luca Serianni, ordinario di Storia della Lingua Italiana all’università La Sapienza, gli scudi letterari hanno due facce, “una positiva e l’altra negativa”. “L’elemento positivo – dice Serianni – è che a giudicare da questi titoli i classici sono libri che restano stabilmente nell’immaginario, che si siano letti o no, sembrano essere una sorta di bene rifugio a cui attingere sempre, quando si vuole dire o sostenere qualcosa. E questo è confortante. Il lato negativo è che molte di queste citazioni mi sembrano echi scolastici, letture consigliate, e dunque difficilmente amate”.

Però il messaggio pubblicitario funziona, è efficace. Di certo non sono letture generazionali, sembrano uscite più dall’immaginario anni Sessanta e Settanta dei loro genitori che non dall’esperienza diretta dei ragazzi. Ma questo è relativo: gli studenti sanno che Don Chisciotte esiste, ne conoscono la simbologia, e la utilizzano. Appunto: vedere un agente picchiare Don Chisciotte fa una certa impressione… In ogni caso – aggiunge Serianni – credo che questo gioco letterario sia figlio di una minoranza che legge, una minoranza che resta tale nel tempo”.

“E quasi entusiasta è il commento di Gian Mario Anselmi – conclude il lungo articolo di Repubblica – , docente di Letteratura italiana all’università di Bologna. “Questi ragazzi si sono fatti scudo della cultura che è la nostra vera e unica identità. Noi ci difendiamo con i classici mentre voi, Governo, fate crollare Pompei. I titoli che citano sono diversissimi, arrivano da chissà quali suggestioni e consigli, ma non importa, è il simbolo che conta. E su quegli scudi si parlava di utopia, di storia, di coraggio, d’amore”.