Art. 18. Squinzi scende a terra e scarica Susanna Camusso: strana coppia finita

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Settembre 2014 - 15:22 OLTRE 6 MESI FA
Giorgio Squinzi e Susanna Camusso (foto Lapresse)

Giorgio Squinzi e Susanna Camusso (foto Lapresse)

ROMA – Il repentino cambio di posizione di Giorgio Squinzi sull’articolo 18 ha spiazzato, ed è dire poco, Susanna Camusso, leader della Cgil.

Susanna Camusso e Giorgio Squinzi, presidente della Confindustria, sembravano una coppia perfetta, un po’ contro natura, magari, ma tutti ricordano quanto fosse cordiale l’intesa fra loro.
L’inattesa e improvvisa conversione di Giorgio Squinzi su una linea piuttosto lontana da quella del sindacato e di Susanna Camusso e della Cgil, in materia di articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, non sulla via di Damasco ma su quella per Firenze ha fatto scoppiare la strana coppia.

Lo stesso Matteo Renzi li aveva definiti così abbinandoli, nel suo affresco dei nemici da abbattere, tra gufi e rosiconi, proprio come a formare un binomio indissolubile:

“Mi colpisce questa strana assonanza tra il capo dei sindacati e il capo degli industriali che insieme, davanti alla scommessa politica di togliere per la prima volta alla politica e restituire ai cittadini e alle imprese, si oppongono”.

Susanna Camusso ha detto:

“Vedo dei repentini mutamenti di opinione, perché ricordo molte dichiarazioni del presidente di Confindustria che dicevano esattamente l’opposto”.

Giorgio Squinzi, intervistato da Maria Latella ha detto che per colpa dell’articolo 18 non si investe in Italia dall’estero:

“Io sono personalmente favorevole all’abolizione dell’articolo 18 anche perché dobbiamo considerare che è un mantra che in tutto il mondo ci addossano come Paese. Parlando in tutto il mondo ci dicono che in Italia non si può investire perché c’è l’art. 18 e quando assumi un dipendente è per la vita”.

Lo ha ribadito a Bologna, alla apertura del Cersaie (Salone della ceramica italiana) davanti a Maria Elena Boschi, che è ben più di un ministro nel planetario di Matteo Renzi. Sono parole da cui non si può tornare indietro:

“Bisogna riformare il mercato del lavoro in maniera più profonda avendo come obiettivo un contratto a tempo indeterminato che sia conveniente per le imprese e per i lavoratori”.

Non ci vuole molto a immaginare cosa abbia fatto cambiare idea a Giorgio Squinzi. Le decine di migliaia di imprenditori italiani aderenti a Confindustria, non la pensano come la pensava Squinzi. Molti di loro hanno rinunciato a crescere e a espandersi proprio nel timore di finire blindate dall’art. 18. Forse è un atteggiamento miope e autolesionista, ma risponde alla realtà e trova qualche giustificazione nell’esperienza aziendale di chi ha più di 15 dipendenti.