Radio sovranista: lo propone la Lega è provinciale, lo fa la Francia… Tu chiamale se vuoi eccezioni culturali

di Dini Casali
Pubblicato il 6 Marzo 2019 - 14:52 OLTRE 6 MESI FA
Radio sovranista: lo propone la Lega è provinciale, lo fa la Francia... Tu chiamale se vuoi eccezioni culturali

Radio sovranista: lo propone la Lega è provinciale, lo fa la Francia… Tu chiamale se vuoi eccezioni culturali

ROMA – Si può a ragione sorridere del miraggio di una radio sovranista che nelle intenzioni imponga quote fisse di italianità nella programmazione con l’obiettivo di arginare la musica che gira intorno e che parla quasi esclusivamente inglese. Lo spirito del tempo del resto è questo e non dovrebbe stupire più di tanto la proposta del deputato leghista Alessandro Morelli, una canzone italiana ogni tre, per legge.

Ogni tanto salta fuori, specie per arginare la marea globalista che tuttavia gli argini li ha rotti da quel dì, visto che, per fare un esempio, il vincitore di Sanremo Mahmood canta in italiano utilizzando però linguaggio, stile e ritmi rap dei ghetti afroamericani.

Che poi la musica è un esperanto universale e non si mette un cappello identitario al talento e che imponiamo Albano e Romina per legge… Tutto troppo vero e un po’ banale, tutto fa brodo per irridere alle pulsioni populiste e sovraniste a targhe alterne, ma insomma non è del tutto giusto che in croce ci finisca solo il povero Morelli. Tu chiamale se vuoi eccezioni culturali: “exception culturelle”, sentite come suona bene, in Francia la introdusse nel 1959 André Malraux, grande scrittore prima di diventare ministro della Cultura di De Gaulle. 

Questo il presupposto, diciamo così, ideologico della legge francese che dal 1996 impone delle quote fisse di diffusione dei titoli francofoni alle radio francesi: un tasso del 40 % di programmazione di opere create o interpretate da francofoni, di cui il 20 %  da nuovi talenti durante le ore di ascolto significativo.

Anche Dario Franceschini, anche lui ministro della Cultura ma, ahimè, trascurabile romanziere, fece una proposta simile a quella di Morelli, premunendosi tuttavia di ispirarsi appunto all’exception culturelle, laddove la parola cultura è brandita, purtroppo soprattutto a sinistra, come clava o alibi, al massimo pretesto per esibire una superiorità morale posticcia.

Eccezione culturale è il tentativo fondato di sottrarre gli ambiti culturali e artistici alla logica del libero mercato con l’obiettivo esplicito di distogliere gli incassi della cultura dalle pretese egemoniche del più forte, cioè gli Usa: si fonda su un principio mutualistico di aiuto per cui quello che vende di più (film, canzoni…) cede un pezzetto dei profitti al sostegno di chi vende di meno. Si chiama eccezione culturale ma si tratta di un principio commerciale. L’illusione sovranista di populisti e nazionalisti fa il paio con l’illusione culturale di sinistra.