Reddito di cittadinanza, mega rapina etnica: 100 miliardi spostati da Nord a Sud. Ecco come. “Vado a lavorare [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] per creare un po’ di lavoro”, una frase di Di Maio che resterà negli annali della repubblica. E non solo perché il soggetto non ha mai lavorato. E’ anche il segno di un inguaribile ottimismo: l’idea che da dietro una scrivania si possa creare il lavoro. Il lavoro si crea con la crescita economica, e questa è faccenda complessa e nemmeno tutta nelle nostre mani, avverte Giuseppe Turani su Uomini & Business. Molto dipende dalla congiuntura internazionale, dagli accordi in sede europea, da come reagiscono i mercati e da altro ancora. Insomma, l’idea “adesso vado in ufficio e creo un po’ di lavoro” non sarebbe venuta nemmeno a Gesù.
Ma non si tratta della sola scemenza di Di Maio e di questo governo. L’altra è la convinzione, tenacissima, che lo Stato debba spendere molti soldi (che non ha) per far decollare l’economia. Il ragionamento (finto keynesiano) è di una semplicità (e stupidità) elementare: io regalo soldi alla gente, la gente va nei negozi, compra, spende, le fabbriche devono fare le cose che la gente compra e questo fa girare l’economia. Lo Stato incassa i soldi delle tasse su tutto questo giro di nuovi affari di stipendi e si riprende i soldi che ha distribuito prima. E così si ripaga i debiti fatti all’inizio.
Bene. Non è mai successo. In Europa nessuno sta facendo una genialata del genere. La cosa funziona (limitatamente) solo in periodi di recessione. Ma oggi non siamo in recessione.
Alla fine quello che resterà sono i nuovi debiti. Anche perché non siamo un’economia chiusa. Succede, è appena accaduto, che le importazioni crescano più del Pil. In sostanza, tu regali soldi alla gente e la gente si compra il nuovo modello di iPad, che non è fatto esattamente a Bergamo. Oppure sandali vietnamiti. O ciliegie israeliane. C’è pure il caso, cioè, che finanzi il lavoro negli altri paesi.
L’idea, balordissima (c’era cascato anche Renzi), piace però ai politici. L’unico modo per far crescere l’economia è diventare più bravi degli altri e quindi essere più competitivi. Ma questo significa avere buone scuole, dei mercati funzionanti, poche leggi, ma chiare, molta concorrenza. Tutte cose difficili da fare.
Molto più semplice credere alla favola finto-neo-keynesiana che tutto si può risolvere semplicemente distribuendo del denaro al popolo.
E infatti Di Maio e i suoi amici di questo governo sono talmente convinti che hanno messo giù un “contratto” che prevede oltre 120 miliardi di spese contro appena 500 milioni di copertura. Un affare che non sta in piedi neanche se vanno a farlo benedire a Lourdes. Con queste belle premesse il 90 per cento delle loro leggi verranno cassate da Mattarella, Corte dei conti, uffici del bilancio delle Camere, ragionieri di provincia e forse anche da qualche geometra.
Ma non è finita. Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono due formidabili chiacchieroni, incantatori di serpenti, maestri dell’antica arte delle tre tavolette. Ma non possono sfuggire a una cosa. Dentro il famoso “contratto” c’è una contraddizione grande come le loro due teste moltiplicate per un milione: attraverso il reddito di cittadinanza ingenti risorse (un centinaio di miliardi) faranno il viaggio da Nord a Sud. Insomma, Salvini e i suoi elettori pagano e Di Maio (e 11 milioni di suoi elettori e sodali) incassano. Mai si era vista una rapina “etnica” di queste proporzioni.
Come pensi di cavarsela Salvini, se non manda Di Maio a quel paese, non si sa. Per un po’ ecciterà quelli del Val Brembana perseguitando qualche negher, ma poi anche quelli si renderanno conto che i loro soldi stanno volando verso il Sud più velocemente dei negher espulsi (qualche dozzina appena, peraltro).
E’ inevitabile, quindi che qui finisca a botte, con accuse reciproche. Il reddito di cittadinanza, cioè, è talmente scemo come idea che nessuno lo vedrà mai.
Ma insieme al reddito di cittadinanza finirà anche questo governo e, forse, la stagione populista-sovranista.
A meno, ma siamo di nuovo nei guai, che i soldi non vengano trovati uscendo dall’euro e stampando miliardi di lire nuove di zecca. Ma basta leggere il piano B di Paolo Savona per capire che si tratta di un affare troppo complesso. Che presuppone mesi di attività clandestina, tipo BR, con decine di persone vincolate dal segreto più assoluto, banche chiuse per giorni, forse settimane. Segreti per mesi in Italia? A Roma?
Da qualunque parti la si rigiri, insomma, questa storia non sta in piedi. E finirà presto.
Intanto, però, se qualcuno trovasse un modo per pensionare all’istante Martina, forse la sinistra potrebbe avere ancora qualche speranza di futuro. Nel suo ultimo comizio faceva più pena di mia zia al funerale di mio nonno.