Alzheimer, Mattarella concede la grazia ai 2 anziani che uccisero le mogli malate

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Febbraio 2019 - 14:24 OLTRE 6 MESI FA
Alzheimer, Sergio Mattarella concede la grazia ai 2 anziani che uccisero le mogli malate

Alzheimer, Sergio Mattarella concede la grazia ai 2 anziani che uccisero le mogli malate (Foto Ansa)

ROMA – Sergio ​Mattarella ha concesso la grazia a Franco Dri, Giancarlo Vergelli e Vitangelo Brini, tre uomini che hanno ucciso mogli o figli, ma per pietà o disperazione. Vergelli, 88 anni, era stato condannato nel 2016  a 7 anni e 8 mesi per aver ucciso la moglie 88enne malata di Alzheimer. L’omicidio era avvenuto il 22 marzo 2014 nella loro casa, a Firenze. Vergelli strangolò la moglie con una sciarpa e le rimase accanto per circa un’ora. Poi andò a costituirsi dicendo alla polizia “Non ce la faccio più” e spiegando di non reggere a un repentino aggravamento della malattia della moglie.

Storia simile quella di Brini, 89 anni. Ex vigile urbano in pensione, l’uomo era stato condannato a 6 anni e 6 mesi per l’omicidio della moglie malata di Alzheimer, venuto nel 2007. A lungo Vitangelo aveva assistito in casa la moglie Mara Tani malata da 12 anni di Alzheimer. Poi diventò necessario ricoverarla in una struttura sanitaria, a Prato. Le condizioni della donna peggiorarono sempre di più, così come le sue sofferenze. E così Brini prese una pistola dalla sua collezione di armi e la raggiunse nel reparto di degenza uccidendola con tre colpi.

Diverso il caso di Franco Dri, 79 anni, condannato a 4 anni. L’uomo, nel 2015, al termine di una lite, aveva sparato un colpo al cuore del figlio, Federico di 47 anni, tossicodipendente senza speranza.

Dal 2015 Mattarella ha concesso la grazia a 15 persone colpevoli di reati comuni, perlopiù omicidi dettati dalla disperazione. Eccone alcuni:

Gastone Ovi, 87 anni, fiorentino. Nel febbraio del 2012, ricorda il Corriere,  Gastone, uomo mite, volontario nelle ambulanze, soffocò con un cuscino la moglie Ester, la parrucchiera più famosa del quartiere, divorata dall’Alzheimer, dopo un matrimonio durato più di 50 anni e un lavoro comune nel negozio della donna. Non confessò subito quel delitto. Poi crollò. Al pm raccontò gli ultimi anni accanto “all’amore della sua vita”. Disse che non usciva di casa per cercare di far mangiare Ester, riuscendo appena a farle bere un po’ di latte.

Raccontò che l’ultimo giorno aveva tentato di calmarla durante le continue crisi, che l’aveva soccorsa faticosamente dopo due cadute dal letto. E che, disperato, aveva telefonato al medico di famiglia. “Chiama l’ambulanza” gli aveva risposto il dottore. Infine aveva “iniziato piano piano a perdere la testa perché così non era più una vita, né per lui né per la moglie”. E non si poteva continuare più a sopravvivere in quell’inferno.

Nel 2017 la grazia fu concessa a Livio Bearzi, dirigente scolastico friulano che fu preside del convitto aquilano “Domenico Cutugno”, travolto dal terremoto e spezzò la vita di tre studenti che vi alloggiavano. Bearzi era da pochi mesi a dirigere l’istituto. Ma tanto bastò per condannarlo in via definitiva dalla Corte di Cassazione a 4 anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, per omicidio colposo plurimo e lesioni personali.

Numerosi gli attestati di stima, dalla regione del Friuli agli studenti aquilani, a fronte di una condanna che appariva sorprendente, soprattutto se paragonata a scandali che hanno caratterizzato la gestione del prima e dopo-terremoto. Il dirigente fu ritenuto colpevole per la mancata ristrutturazione dell’ottocentesco edificio del Convitto e l’assenza di un piano sicurezza.

Fabrizio Spreafico. Nel 1997, a 23 anni, Spreafico uccise la madre strangolandola durante l’ennesimo litigio nella loro abitazione nel milanese. Condannato a 18 anni e 4 mesi di reclusione, Spreafico, gravemente malato dal 2005, ha ricevuto la grazia per motivi umanitari da Mattarella. L’omicidio avvenne la sera del 16 settembre 1997 a Trezzano sul Naviglio, nel milanese. La donna, rimasta vedova da due anni, venne strangolata con un filo dell’elettricità dal figlio, allora idraulico, e con cui i litigi erano continui.

Spreafico, confessò quasi subito. Il movente, stando alle indagini, era di natura economica. La signora aveva ottenuto un mutuo di 80 milioni di lire da una banca locale, ipotecando il loro appartamento. I soldi dovevano servire al figlio per aprire un’attività commerciale: il giovane stava appunto per dare l’esame per ottenere la licenza di esercente come idraulico. Ma, col passare del tempo, e forse per necessità familiari, i soldi cominciavano a diminuire. Da qui i frequenti litigi tra mamma e figlio, che si accusavano reciprocamente di avere fatto delle spese in modo irresponsabile. La sera del delitto l’ennesimo bisticcio tra i due.