Sognano la Polizia, vincono il concorso ma finiscono in Afghanistan

Pubblicato il 17 Dicembre 2012 - 20:20 OLTRE 6 MESI FA
Sognano la Polizia, vincono il concorso ma finiscono in Afghanistan

ROMA – Hanno vinto un concorso in Polizia, ma siccome il ministero dell’Interno non riesce ad assorbirli tutti e 1700, la metà di loro è “parcheggiata” nell’Esercito. E alcuni di loro finiscono in Afghanistan. Con la beffa ulteriore che dalle parti del ministero dell’Interno si inizia a parlare di un ulteriore concorso per 1600 agenti. “Quelli della seconda aliquota“, come ormai si definiscono anche su Facebook, devono prestare servizio nell’Esercito per 4 anni prima di essere assorbiti dalla Polizia, ossia un corpo civile e non militare, per la quale hanno vinto un concorso.

Ben altro addestramento, ben altri rischi. Uno di loro è anche morto in Afghanistan, è Tiziano Chierotti, vittima di un agguato all’ingresso di un villaggio solo qualche settimana fa. Il caso di questa seconda aliquota è arrivato anche in Parlamento. Aldo Di Biagio, Fli, ha preso a cuore la loro storia e in un’interrogazione al ministro ha detto:

“Sono letteralmente parcheggiati tra le fila delle Forze armate per anni, in attesa di una transizione nella polizia che, purtroppo, non arriva. Nel frattempo, si continua ad indire concorsi e, di conseguenza, ad incrementare le fila della seconda aliquota. Sarebbe opportuno integrare questi giovani senza che si proceda con altri onerosi concorsi”. Di recente ci si è messa anche la Spending Review e la restrizione al turn over. Il rischio è che molti di loro, pur vincitori di concorso, restino a casa per anni.

Continua Di Biagio: “Migliaia di ragazzi vincitori di un concorso, con la falsa speranza di essere integrati nella Polizia, per la quale sono idonei, passano la loro giovinezza nell’Esercito. Al termine della ferma, sono congedati, praticamente licenziati, senza nessun’altra possibilità di transizione. Ovviamente escono da questa esperienza con qualche anno in più e formati secondo logica militare, elementi che limitano anche la potenzialità di reinserimento nel mondo del lavoro, in questo modo alimentando un drammatico precariato militare, per lo più immotivato, se consideriamo l’esigenza di risorse umane di cui abbiamo bisogno in questo momento”.