Coronavirus, una task force per salvare Mattia (il paziente uno): “La missione più difficile”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Febbraio 2020 - 14:54 OLTRE 6 MESI FA
Coronavirus, Ansa

Coronavirus, una task force per salvare Mattia (il paziente uno): “La missione più difficile” (foto Ansa)

ROMA – Raffaele Bruno, direttore del reparto di malattie infettive del policlinico San Matteo di Pavia, da una settimana guida “la missione più difficile in corso in Europa”: salvare la vita a Mattia, il paziente uno di Codogno.

A sette giorni dalla scoperta del contagio, spiega Bruno a Repubblica, Mattia, 38 anni, “rimane sedato, incosciente e intubato perché non autonomo nella respirazione”.

“Per questo nel reparto di malattie infettive del policlinico San Matteo di Pavia, diretto da Bruno, da venerdì 21 febbraio – spiega Giampaolo Visetti di Repubblica – lottano giorno e notte oltre trenta medici, infermieri e specializzandi (…).  Salvare quello che per la ricerca italiana resta il paziente uno non è un imperativo morale solo per restituirlo alla famiglia. Il punto cruciale è che fino ad oggi le vittime, nel nostro Paese, sono tutte anziane morte «con il coronavirus», ma già fragili per età e somma di patologie. Mattia invece, giovane, sano e sportivo, è a sorpresa anche il paziente più grave colpito solo«dal coronavirus”.

“Ma il problema – dice il direttore del reparto di malattie infettive del policlinico San Matteo di Pavia – è che resta impossibile prevedere il decorso dell’infezione. Altri sono già guariti. Lui invece è stabile dal primo istante. L’imprevedibilità purtroppo è il marchio dei virus sconosciuti”.

“Testiamo un cocktail – spiega ancora Bruno – di farmaci usati per l’Hiv, per l’epatite C e per l’ebola. Nella miscela c’è la ribavirina. Esperimenti in vitro dimostrano che questo mix inibisce la crescita del virus. In Cina e in Corea del Sud è stato testato con successo anche sui pazienti”.

“Vedere spegnersi Mattia – dicono dal reparto – sarebbe un incubo. Ma cedere al protagonismo e dimenticare di remare tutti in silenzio e nella stessa direzione, sarebbe peggio. La sconfitta risulterebbe collettiva e irreparabile: lo spettro della pandemia dilagherebbe nel disastro del pandemonio”.

Fonte: La Repubblica.