Emanuela Orlandi e Mirella Gregori rapite e uccise: la pista del Brasile

di Antonio Goglia
Pubblicato il 30 Giugno 2014 - 08:59 OLTRE 6 MESI FA
Emanuela Orlandi e Mirella Gregori rapite e uccise: la pista del Brasile

Manifesto per la scomparsa di Emanuela Orlandi. Antonio Golia sostiene la pista brasiliana

ROMA – Mistero Emanuela Orlandi. Nonostante le ritenessi prive di fondamento, di Antonio Goglia, l’ex carabiniere  di S. Giorgio a Cremano impegnato da tempo in una sua teoria sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, Blitzquotidiano ha sempre pubblicato tutti gli articoli che mi ha inviato per esporre e supportare le sue convinzioni. Di recente Goglia mi ha inviato quello che assicura essere l’ultimo suo articolo, con il quale ritiene di avere concluso la sua esposizione e di averne dimostrato la bontà. Come sempre, non condivido nulla di quanto scrive, però pubblico volentieri il suo ultimo parto. Goglia ha il pregio di non essere supponente ed esibizionista come invece troppi “supertestimoni” di questo non glorioso mistero che dura ormai da 31 anni. (Pino Nicotri)

Lo stesso concetto di segreto di Stato allude alla necessità di un Governo di nascondere alcune verità ai cittadini. Ciò accade in una quantità notevole di casi e per diversi motivi che possono, tuttavia, riassumersi in una sola parola: l’inopportunità.

Non è, dunque, opportuno che la popolazione conosca fatti che, giustificati dalla ragione di Stato, non potrebbe comprendere e, tantomeno, accettare.
Non è, dunque, opportuno che gli italiani conoscano la verità sulle “sparizioni” di Mirella Gregori e di Emanuela Orlandi. Non lo è per lo Stato Vaticano nell’esercizio del suo potere temporale né per quello italiano assolutamente consapevole della verità e connivente nel serbare il più assoluto silenzio…”Non debemus, non possumus, non volumus”.
L’opinione pubblica si faccia pure l’idea che preferisce, ancorché scabrosa, purché non si conosca la verità. E’ ciò che consigliò Phoenix, alias Alleanza Del Condor alias SISMI, ai sequestratori con la fotocopia di una lettera scritta a macchina fatta ritrovare l’ 8 ottobre del 1983 all’interno di un confessionale della chiesa di piazza S. Silvestro a Roma….”Si invita a liberare immediatamente Emanuela altrimenti «estirperemo alla radice questa pseudo organizzazione»….”Nell’impossibilità di esaudire la richiesta del 6 settembre (la richiesta del Sig.Orlandi di avere la dimostrazione dell’esistenza in vita di Emanuela) allora …traffico internazionale di bambole for order ADC”. Dunque, l’ordine dell’ Alleanza Del Condor (A.D.C.) di avvalorare il movente sessuale del sequestro.
Un movente, quello sessuale, che peraltro mal si concilia con il deferimento del caso Orlandi alla Segreteria di Stato, come è certo dalle risultanze dell’intercettazione del 12 novembre 1993 della telefonata di Monsignor Bertani, per conto del capo della vigilanza vaticana Camillo Cibin, al sottoposto Raoul Bonarelli. Infatti, alla Segreteria di Stato competono precipuamente le relazioni internazionali della Santa Sede.
Un segreto, quello sul sequestro di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, che si tenta di conservare ad ogni costo anche con l’”invio” sulla scena di improbabili personaggi che, dotati di persuasivi feticci, provano ad incantare ed ingannare l’uditorio con “disabitati” racconti mancando, tuttavia, in maniera clamorosa circa l’attendibilità della produzione letteraria.
Sin dalle prime ricerche mi sono orientato, sulla scorta di alcuni indizi, verso l’individuazione di “un gruppo brasiliano a vocazione politica” quale responsabile dell’ organizzazione dei sequestri Gregori- Orlandi. Nei più recenti contributi ho accostato questa definizione a simpatizzanti del Comitato per i Diritti Umani dei popoli del Sud America denominato CLAMOR, un movimento divenuto anche clandestino ed eversivo.
Ma, più recentemente, proseguendo gli approfondimenti, ho individuato un particolare comitato che, con ogni probabilità, ha costituito la fonte di ispirazione della cellula eversiva che realizzò i sequestri. Sottolineo, fonte di ispirazione, senza addossare alcuna responsabilità al movimento in parola.
Si tratta del Comité Brasileiro pela Anistia (CBA), il cui “programma minimo” coincide perfettamente, quasi sovrapponendosi, alle finalità da me lungamente esposte nelle precedenti opinioni e attribuite al gruppo di azione che parlava per bocca dell’”americano”.
Riporto di seguito solo alcuni degli obbiettivi del Comitato, in lingua portoghese, facilmente comprensibile: 1) Fim radical e absoluto das torturas; 2) Libertacao dos presos politicos e volta (ritorno) dos exilados e perseguidos politicos (il rimpatrio degli esiliati e dei profughi fuggiti anche grazie a quella che diventerà l’Opera Romana Pellegrinaggi); 3) Reconquista do habeas corpus, denunciar todas as tentativas de anulaçao ou obstruçao desse direito.
La ricerca condotta sulla “pista brasiliana” ha individuato nei contatti dell’americano con la Famiglia Orlandi, nelle note inviate all’ Avvocato Egidio e nel materiale fatto ritrovare dietro indicazione dei telefonisti tutte le tematiche esposte nel citato “programa minimo de açao”, e segnatamente: l’argomento della tortura: nella cassetta audio fatta ritrovare in Via della Dataria in data 17 luglio 1983 comodamente archiviato come recante una riproduzione dell’audio di una pellicola erotica, interpretazione che non aveva alcun senso tenuto conto del tenore generale delle interlocuzioni. Peraltro, il supporto audio fu reperito avvolto in un manifesto che annunziava ovviamente qualcosa, ma del quale non venne mai specificato nulla.
Ancora tortura, in particolare brasiliana, nella lettera scritta da Emanuela o redatta a suo nome dal un ghost writer ricevuta dall’ Avvocato Gennaro Egidio il 28 agosto 1983 nella quale si può leggere di uno stato di limitazione della libertà personale, ma soprattutto della “gruccia di pappagallo” alla quale sarebbe stata sottoposta la stessa Emanuela se non fossero state rispettate le condizioni dei sequestratori. Il “pau de arara”, ampiamente utilizzato dalla polizia politica brasiliana divenuto emblema e tema per i monumenti che ricordano la sofferenza patita durante la dittatura.
Nuovamente tortura nella rivendicazione del 4 settembre 1983, precisata il 6, inerente la Basilica di Santa Francesca Romana che allude alle vicende di una confraternita i cui membri furono arrestati durante la settimana santa del 1578, il 20 luglio, e sottoposti a un processo sommario rimasto famoso nei secoli per le severe sessioni di tortura praticate nei confronti degli imputati. Una memoria storica, quest’ultima, facente certamente parte del patrimonio culturale dei membri dell’ Accademia Cultorum Martyrum, l’istituto pontificio per il culto dei protomartiri al quale fa riferimento la lettera anonima indirizzata al programma “Chi l’ha Visto” nel novembre 2005 solo recentissimamente resa nota…. la lettera a me sconosciuta inizialmente che confermava la bontà della pista che seguivo.
Tortura, infine, nella richiesta contenuta nel Komunicato Turkesh n. 3 del 13 agosto 1983 volta ad ottenere un’allocuzione del Papa circa la condizione di prigioniero del turco Ali Agca, la sua qualità e la sua dignità di essere umano. Colgo l’occasione per rammentare a Tutti, con una parentesi, che ancora nel messaggio del 4 settembre ritrovato in un furgone della RAI i sequestratori disconoscono i messaggi Turkesh qualificandoli addirittura come depistaggio da parte del Vaticano!! E, d’altra parte Turkesh affermò…”il nostro gruppo è diviso…stiamo facendo indagini sulla scomparsa della Gregori”!!
Per quanto concerne l’argomento dell’ amnistia per i detenuti politici, esso può ritrovarsi celato dalla richiesta di un atto di clemenza nei confronti di Ali Agca : 8 luglio 1983…”la chiave della trattativa non è una sigla, ma la controparte di cui noi disponiamo (Emanuela) e l’oggetto della richiesta (Agca)…….Agca non è sotto processo, la sentenza è definitiva, non è vincolato alla Magistratura. Abbiamo atteso che non avesse presentato appello (….) ci appelliamo all’opinione pubblica, perché solo attraverso un intervento dell’opinione pubblica il Papa può chiedere la grazia. Non è così clamoroso che un Papa possa chiedere la grazia a un Presidente socialista e umano.
Un’istanza avanzata in maniera particolarmente corretta sotto il profilo tecnico- giuridico anche al Presidente Sandro Pertini con il quale il Comité Brasileiro pela Anistia, al quale i sequestratori si ispirarono secondo lo scrivente, ebbe più di un’occasione di incontro ed approfondimento.
In particolare il Comitato ottenne l’organizzazione a Roma della II Conferenza Internazionale per l’Amnistia ampia e senza restrizioni e per le libertà democratiche in Brasile che si tenne nell’Auletta di Montecitorio della Camera dei Deputati grazie anche all’impegno del deputato Lelio Basso, scomparso improvvisamente, compagno fraterno del Presidente Pertini.. Alla Conferenza parteciparono tutti i Comitati brasiliani attivi in Europa e 15 parlamentari del Movimento Democratico Brasiliano.
Deve specificarsi che a questi comitati, non privi di eccessi eversivi, aderivano in maniera assolutamente trasversale i rappresentanti di tutte le categorie sociali: giornalisti, insegnanti,avvocati,sindacalisti, operai e sacerdoti.
Infine, l’argomento dell'”Habeas Corpus”, il diritto dell’accusato di comparire dinanzi ad un giudice che ne convalidi l’arresto e ne constati le condizioni di salute o la stessa esistenza in vita, implicito nel numero “158” che i sequestratori scelsero per individuare la linea telefonica diretta, richiesta ed ottenuta con la Segreteria di Stato Vaticana. Un codice che è un codìgo, un articolo del Decreto Lei 1002/69 recante il Codigo do Proceso Penal Militar nel quale si prevedeva che l’ internamento in manicomio del dissidente politico avvenisse a seguito di una perizia, ma che il processo ..”deve essere sospeso nel caso in cui sia indispensabile la presenza dell’accusato”….sancendo di fatto l’ habeas corpus.
Detto questo, è una comunicazione più importante che voglio fare essendomene concessa l’opportunità.
Desidero riferire quella che è, a questo punto, più di un’ipotesi circa la scadenza stabilita per le ore 24 del 20 luglio 1983, l’ultimatum, per la consegna di Ali Agca.
Un rilascio che, come avvertito dai sequestratori di Emanuela nel messaggio dato alla stampa del 19 luglio ed in quello telefonico del 20 luglio ai frati agostiniani della Basilica di Santa Francesca Romana, aveva, al di là delle dichiarazioni del turco, finalità assolutamente propagandistiche….”Agca è divenuto strumento di propaganda a causa dello stato di isolamento e della promessa di agevolazioni”…
Ed è proprio questa la parola chiave: “PROPAGANDA”.
La fondamentale rilevanza e risonanza, politica e mediatica, che avrebbe avuto l’atto di clemenza richiesto al Vaticano e alla Repubblica Italiana nei confronti del detenuto politico Ali Agca e dei suoi complici. Questo lo scopo. Restando estranee alla vicenda il Governo Bulgaro ed altre fuorvianti fantasie.
In Brasile dalla fine degli anni settanta erano nati diversi comitati e movimenti per l’abolizione della tortura e finalizzati all’ottenimento di un’amnistia ampia,generale e senza restrizioni. Tuttavia, il risultato raggiunto da queste organizzazioni spontanee di comuni cittadini, soprattutto avvocati degli scomparsi, religiosi in gran numero, sindacalisti era insoddisfacente. Infatti, nel 1979, il regime militare inviò al congresso nazionale un progetto di legge di amnistia che non realizzava le aspettative e gli obbiettivi della campagna: non era ampio, prevedeva un’amnistia ristretta e non proclamava alcuna avversione nei confronti della tortura e dei trattamenti disumani.
La lotta continuò durante i primi anni ottanta divenendo particolarmente accesa proprio nel corso dei primi mesi del 1983. La popolazione era esasperata essendo sottoposta ad ogni sorta di ingiustizia, affamata, privata dei più elementari diritti si organizzava in maniera decisa per l’abbattimento della dittatura. Il culmine della tensione e delle opportunità per ottenere l’amnistia generale e l’abolizione della tortura fu raggiunta sul finire della primavera del 1983 quando fu proclamato il primo sciopero generale dal 1964, dall’inizio della dittatura.
Si trattava di un evento epocale ricordato e celebrato ancora oggi.
La data dello sciopero generale per l’amnistia senza restrizioni e per l’abolizione della tortura era quella del 21 luglio 1983!
Se in occasione di questo storico evento si fosse potuta ottenere la grazia e, quindi, la scarcerazione del più noto dei prigionieri politici,colui che aveva attentato alla vita del Pontefice, la spinta propagandistica alla causa dell’amnistia sarebbe stata enorme e la battaglia vinta!
L’idea di realizzare questo ambizioso, quanto scellerato, piano nacque quando lo sciopero generale era oramai nell’aria; così la cellula eversiva, ispirata al programma del Comité Brasileiro pela Anistia (CBA), decise prima il sequestro della giovane italiana Mirella Gregori, nel maggio 1983, e di altre due cittadine statunitensi (nota inviata all’Avvocato Egidio in data 27 ottobre 1983). Non riuscendo nello scopo i sequestratori alzarono il tiro pianificando il “prelevamento” della “cittadina vaticana” e fissando l’ultimatum per il rilascio del turco “strumento di propaganda” alle 24 del 20 luglio.
Se tutto fosse andato secondo i piani Richard Roth, il corrispondente da Roma della Columbia Broadcasting System (CBS), avrebbe annunciato la notizia in Brasile in tempo per la grande manifestazione.