Le tre persone fermate per l’incidente della funivia che da Stresa sale al Mottarone hanno “ammesso di aver lasciato il forchettone che annulla il freno di emergenza“. Questo quanto detto dal comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, il tenente colonnello Alberto Cicognani. “Il freno non è stato attivato volontariamente? Sì, sì, lo hanno ammesso”, dice l’ufficiale dell’Arma ai microfoni di Buongiorno Regione, su Rai Tre. “C’erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la forchetta, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione”.
Funivia Mottarone, i tre fermati
A tre giorni dalla tragedia del Mottarone in cui sono morte quattordici persone, tra cui due bimbi, ci sono tre fermati. Si tratta del proprietario della società che gestisce l’impianto, la Ferrovie Mottarone srl, il direttore e il capo operativo del servizio. A disporre il fermo è stato il procuratore della Repubblica di Verbania in seguito all’analisi della cabina precipitata e agli interrogatori.
Un confronto di oltre dodici ore con dipendenti e tecnici dell’impianto convocati nella caserma dell’Arma, a Stresa, dal pomeriggio di ieri. Persone informate sui fatti, in un primo momento. Ma già ieri sera, con l’arrivo dei primi avvocati, la posizione di alcuni di loro è cambiata. L’analisi dei reperti ha infatti permesso di accertare che “la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso”.
Il forchettone della funivia Stresa-Mottarone
Per gli inquirenti, il forchettone, ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso. Un “gesto materialmente consapevole”, per “evitare disservizi e blocchi della funivia”, che da quando aveva ripreso servizio, presentava “anomalie”.
Entrata in funzione da circa un mese, dopo lo stop a causa della pandemia, la funivia del Mottarone “era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi”, precisa il procuratore Olimpia Bossi. Interventi tecnici, per rimediare ai disservizi, “richiesti ed effettuati”, uno il 3 maggio, ma “non risolutivi e si è pensato di rimediare”. Così, “nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo, si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito fatale”, sottolinea il magistrato, che parla di “uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti svolti”.