Greta e Vanessa, indagato pizzaiolo siriano. I contatti per espatriare i parenti

Greta e Vanessa, indagato pizzaiolo siriano. I contatti per espatriare i parenti
Greta e Vanessa, indagato pizzaiolo siriano. I contatti per espatriare i parenti

ROMA – Greta e Vanessa, indagato pizzaiolo siriano. I contatti per espatriare i parenti. Le due cooperanti aiutavano in Siria il Free Syrian Army con pacchi alimentari e kit di pronto soccorso: appoggiavano cioè una sola delle componenti nel groviglio di gruppi rivali del fronte siriano, quella laica di resistenza ad Assad. Sono finite però nelle mani sbagliate, un gruppo che combatte Assad ma di ispirazione jihadista. La polizia ha messo in relazione la rete bolognese che ha organizzato il viaggio di Greta e Vanessa con un loro amico siriano titolare di una pizzeria ad Anzola nell’Emilia, Yasser Tayeb, già “attenzionato” perché sospettato di favorire il reclutamento di combattenti dall’Italia.

Certamente, una delle ultime telefonate che Greta Ramelli fa prima di partire è con Mohammed Yasser Tayeb: «Greta precisa – si legge in una informativa del Ros che non chiarisce la data esatta del colloquio – che un primo corso si terrà prossimamente in Siria con un operatore che illustrerà ai frequentatori, circa 150 persone tra civili e militari dell’esercito libero, i componenti di un kit di salvataggio ed il loro utilizzo.

La donna dice che ha concordato con il leader della zona di Astargi (fonetico) di consegnare loro il kit». Nel corso della telefonata, Greta parla di tutti i dettagli del viaggio preparato, ad esempio la campagna via facebook che hanno organizzato per raccontare le esperienze già fatte e l’andamento della raccolta fondi. (Sara Menafra, Il Messaggero)

Lo stesso pizzaiolo siriano faceva parte, secondo i Ros, di una “filiera” per consentire l’espatrio di profughi clandestini siriani fuori dall’Italia, verso la Svezia. A questo proposito, Angela Camuso sul Fatto Quotidiano, dà conto dell’informativa dei Ros a margine del capitolo principale del rapimento delle due ragazze italiane. Si fa il nome di Stefania C., detta Titti, “appartenente” secondo i Ros all’Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati) (l’interessata dice che è una consulente, Unhcr smentisce).

In una telefonata del 28 luglio scorso, riportata nell’informativa, i due parlano proprio di aiutare un gruppo di clandestini: “Donna: ‘Hanno preso le loro impronte?’. Yasser: ‘No’. Donna: ‘Meglio così…. Dì ai tuoi parenti di strappare tutto quello che riguarda l’Italia (foglietti, biglietti dell’autobus, eccetera) in modo che, se dovessero fermarli, possono dire di essere stari fermati ad esempio in Austria, in questo modo li rimanderebbero in Austria e non in Italia, il che sarebbe un problema… Dove dovete andare?’. Yasser: ‘In Svezia. Attualmente sono accolti alla Fondazione Carlo Gnocchi di Milano…”.  (Angela Camuso, Il Fatto Quotidiano)

 

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