TORINO – Sei mesi fa l’arresto per lo scippo della borsa a Zhang Yao, la studentessa cinese morta poco dopo essere stata travolta da un treno nella periferia della Capitale, mentre tentava di inseguirlo: ieri un nuovo fermo con un’accusa pesantissima: omicidio plurimo. Ha un volto l’uomo ripreso dalle telecamere di videosorveglianza lo scorso 10 maggio mentre lancia una bottiglia incendiaria contro il camper in sosta nel parcheggio all’aperto sopra a un centro commerciale di viale della Primavera, nel quartiere romano di Centocelle, in cui dormiva la famiglia Halilovic, provocando il rogo in cui sono morte tre sorelline nomadi di 4, 8 e 20 anni. Per gli investigatori si tratta di Serif Seferovic, un nomade 20enne con precedenti alle spalle.
Seferovic ha una moglie e due figli. Dopo lo scippo alla studentessa cinese, a cui rubò l’adorata borsa di Alexander Mc Queen, aveva trascorso solo venti giorni in carcere. Dato che non aveva nessun precedente, l’avvocato Gianluca Nicolini era riuscito a fargli ottenere i domiciliari. Dopo altri quaranta giorni trascorsi nel camper di famiglia, ai primi di aprile, Seferovic era tornato in libertà. Aveva chiesto scusa fra le lacrime alla famiglia Zhang convincendo tutti sul suo pentimento.
Dopo la morte della studentessa cinese, avvenuto a dicembre, Seferovic fu arrestato con altri due nomadi. Ora è stato fermato a Torino: gli investigatori della Squadra Mobile di Roma, diretta da Luigi Silipo, erano sulle sue tracce da settimane. È stato bloccato dai poliziotti della squadra mobile di Roma e Torino nei pressi della stazione Lingotto dove si era dato appuntamento con la compagna.
Ed è proprio pedinando la ragazza che gli investigatori sono arrivati a lui. I poliziotti hanno seguito costantemente i movimenti della compagna di Serif che si è imbarcata dalla Sardegna su un traghetto per Genova da dove ha raggiunto in treno Torino. Giunta alla stazione del Lingotto è scesa dal convoglio e poco dopo si è incontrata con Seferovic, che è stato subito riconosciuto e al momento del fermo non ha opposto resistenza. Ma al suo difensore, l’avvocato Gianluca Nicolini, nei giorni scorsi avrebbe detto: “Io non c’entro niente con questa storia, in quei giorni non mi trovavo neanche a Roma. Non so perché mi vogliano tirare in ballo in questa vicenda ma non ho nulla a che fare con questa tragedia”.
Dal giorno del terribile rogo le indagini si sono concentrate negli ambienti nomadi per individuare il responsabile della morte di Elisabeth, Francesca e Angelica Halilovic. È emerso che il movente era legato a problemi tra le due famiglie nomadi maturate all’interno del campo di via Salviati. Un omicidio preceduto da litigi, danneggiamenti e dissidi sintomatici del clima tesissimo fra i due nuclei familiari. A quanto ricostruito, pochi giorni prima del rogo del camper la famiglia Seferovic aveva repentinamente abbandonato l’insediamento.
Gli inquirenti sono sicuri che sia Serif Seferovic l’uomo ripreso dalle telecamere di videosorveglianza quella notte mentre lancia la bottiglia incendiaria contro il camper in cui dormiva la famiglia Halilovic. A rafforzare la tesi ci sarebbero anche alcune testimonianze. Il 20enne avrebbe inoltre un furgone con le stesse caratteristiche di quello presente sulla scena del delitto. Proseguono le indagini per risalire ai probabili complici e stabilire se qualcuno lo abbia aiutato a nascondersi. E intanto è fissato per il 6 giugno l’accertamento tecnico irripetibile sulle impronte digitali trovare sulla bottiglia utilizzata per appiccare l’incendio. Il 20enne sarà sottoposto all’atto istruttorio. Il 10 maggio l’incendio divampò nel cuore della notte avvolgendo completamente il camper in cui dormivano i genitori e gli 11 figli. Le tre sorelline non riuscirono a scappare e furono trovate morte dai soccorritori. La polizia trovò accanto al veicolo, ridotto a scheletro, tracce di liquido infiammabile che non lasciarono dubbi sul gesto doloso.