Nassiriya, Cassazione sentenzia diritto a guerra dove non si muore

di Lucio Fero
Pubblicato il 11 Settembre 2019 - 09:08 OLTRE 6 MESI FA
Nassiriya, Corte di Cassazione sentenzia diritto a guerra dove non si muore

Nassiriya, Cassazione sentenzia diritto a guerra dove non si muore (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Nassiriya, Irak 2003: attacco kamikaze alla base dove sono soldati italiani, un camion con quattro tonnellate di esplosivo, non lo fermano deboli barriere, 28 i morti, 19 i militari italiani.

A 16 anni di distanza la Cassazione ha emesso sentenza che condanna il generale Bruno Stano, allora a capo della missione, a risarcire i parenti dei soldati caduti. Soldati caduti non a caso definiti “vittime”. La sentenza risponde infatti alla logica secondo la quale la morte in guerra dei componenti una spedizione militare sia indebito danno e circostanza frutto della non applicazione delle misure di sicurezza.

Questo infatti viene imputato al generale Stano: non aver approntato le misure di sicurezza. Il generale oggi dice poche parole:” Non posso e non devo commentare sentenze, però non mi sento in colpa, davvero qualcuno pensa che potevo fermare il kamikaze?”.

Qualcuno, anzi molti, anzi un’intera cultura diffusa tra la gente e presente tra la magistratura lo pensa. Stano è stato assolto in sede penale, non c’è stato nel suo agire da comandante alcun reato. Ma viene condannato al risarcimento del danno. Perché ritenuto negligente nell’evitare un danno ritenuto evitabile.

E’ la stessa logica, tanto giuridica quanto popolare, che ha ritenuto i sismologi responsabili dei danni del terremoto (non avevano avvertito). E’ la stessa logica che ritiene i medici responsabili della non guarigione…

Guarigione, sicurezza anche in guerra, preavviso dai terremoti e dalle catastrofi naturali vengono considerati diritti, diritti garantibili. E se garantiti a priori non sono, allora devono essere garantiti a posteriori attraverso risarcimento.

Così un attacco, una battaglia, un segmento di guerra diventano una vicenda giuridica e giudiziaria in cui magistrati sono chiamati a valutare se, come, quando e con quale efficacia i militari abbiano operato. Di chi la responsabilità civile della morte in guerra? L’interrogativo contiene in sé l’improprio e l’incongruo. Però una volta posto l’interrogativo esige una risposta. Ed eccola in sentenza. Con la condanna al risarcimento e con la motivazione, non scritta ma fondante, secondo cui in guerra morire è un danno evitabile. Non dice infatti la gente quando in guerra muore un soldato “una morte assurda”?