Rosarno. Operazione tra Calabria e Lombardia, 40 fermi tra cui 7 donne

Pubblicato il 28 Aprile 2010 - 08:12 OLTRE 6 MESI FA

Carabinieri, Ros e polizia di Stato coalizzati con l”ndrangheta. L’operazione che si sta svolgendo tra Calabria e Lombardia ha come obiettivo l’esecuzione di 40 provvedimenti di fermo emessi dalla Dda reggina contro altrettanti presunti affiliati alla cosca Pesce di Rosarno della ‘ndrangheta.

Il reato contestato alle persone coinvolte nell’operazione è l’associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata, a vario titolo, a omicidi, estorsioni e traffico di droga. I carabinieri stanno eseguendo, complessivamente, 32 fermi, 24 dei quali a Rosarno e in altri centri della provincia di Reggio Calabria, sette in provincia di Milano ed uno in provincia di Bergamo. Otto, invece, i provvedimenti la cui esecuzione è in carico alla polizia, tutti in provincia di Reggio Calabria.

E tra le 40 persone presunte affiliate alla cosca Pesce di Rosarno ci sono anche sette donne. Secondo le indagini a loro la gestione degli affari della cosca Pesce con il reimpiego dei proventi delle attività illecite gestite dalla cosca, in particolare estorsioni e traffico di droga. Reimpiego che si sarebbe sostanziato, secondo quanto riferito dagli investigatori, nell’acquisizione di consistenti proprietà immobiliari che venivano intestate fittiziamente a prestanome.

Nell’ambito della stessa operazione la Guardia di finanza ha sequestrato beni mobili per un valore di dieci milioni di euro riconducibili ad affiliati alla cosca Pesce. Consistono in società commerciali e in conti correnti bancari e postali.

«Se l’azione antimafia sarà costante ed efficace, come lo è stata in questi ultimi anni, anche la società civile calabrese farà quel salto di qualità che ha prodotto buoni risultati in Sicilia». Lo afferma, in un’intervista alla Stampa, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, commentando gli applausi con cui circa cinquecento persone hanno salutato ieri a Reggio Calabria il boss latitante Giovanni Tegano, arrestato dalle forze di polizia.

Il percorso della battaglia contro la mafia è «accidentato», spiega Grasso, e in Calabria «ancor più perché in quel territorio si paga lo scotto di un ritardo culturale e politico, generalizzato e diffuso». «Per troppo tempo – aggiunge il superprocuratore – i calabresi si sono sentiti abbandonati a se stessi». Tuttavia, osserva Grasso, «anche in Sicilia fino a un certo punto la mafia sembrava inattaccabile, dal punto di vista antropologico e culturale» ma poi, aggiunge, «dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino la gente ha reagito». C’é comunque speranza in Calabria, secondo Grasso. «Associazioni, inquirenti e società civile – afferma – segnalano l’inizio del cambiamento».