PESCARA – L’ex sindaco di Farindola Massimiliano Giancaterino è stato aggredito in tribunale a Pescara, durante una pausa della seconda udienza preliminare sul disastro dell’Hotel Rigopiano. E’ successo nella mattinata di venerdì 27 settembre. Giancaterino, che è uno dei 25 imputati, sarebbe stato aggredito alle spalle, mentre prendeva un caffè al bar del tribunale, da Maria Perilli, madre di Stefano Feniello, una delle 29 vittime della tragedia.
L’udienza, a causa del legittimo impedimento dell’imputato, è stata rinviata. Il Gup Gianluca Sarandrea, intorno alle 10.30, aveva disposto una pausa, per consentire lo svolgimento di un altro procedimento in programma nella stessa aula. Pausa durante la quale è avvenuta l’aggressione.
Al rientro in aula, dopo circa un’ora, il legale di Giancaterino, Vincenzo Di Girolamo, ha chiesto e ottenuto il rinvio, per legittimo impedimento del suo assistito, “trasportato in ospedale – ha detto l’avvocato, che ha prodotto un referto del 118 – dove gli sono stati diagnosticati un trauma cranico, un trauma all’arto superiore sinistro e dolore al torace”. Le altre difese si sono associate e il procuratore capo Massimiliano Serpi non si è opposto, dunque il Gup ha rinviato l’udienza al prossimo 25 ottobre. In precedenza erano state presentate altre cinque richieste di costituzione di parte civile, che dunque nel complesso salgono a 115.
“Stavo prendendo un caffè con i miei avvocati, quando sono stato aggredito. Non so da chi, era una donna. Mi ha picchiato, mi ha riempito di botte. Segue querela”, ha detto l’ex sindaco.
“Era al bar allegramente, quando è stato lui a firmare la condanna a morte di mio figlio”, ha detto invece la donna dopo essere stata identificata dalle forze dell’ordine. “E allora l’ho preso a pugni – ha aggiunto – lui è il doppio di me quindi potete immaginare il male che gli ho fatto”.
Maria Perilli infine ha sostenuto: “E’ stato lui a firmare i primi documenti per l’ampliamento dell’albergo e ha dato la possibilità all’albergo, da quel momento, di essere aperto anche durante l’inverno, non solo d’estate, quindi ha condannato a morte Stefano”.
I coniugi Feniello erano già balzati agli onori delle cronache per la multa da 4550 euro dopo che avevano violato i sigilli giudiziari apposti per delimitare l’area della valanga. Erano andati a portare un mazzo di fiori sul luogo in cui aveva trovato la morte il loro figlio.
La donna è stata poi prosciolta per tenuità del fatto, essendo incensurata, mentre il marito Alessio Feniello, a causa di alcuni precedenti, ha ricevuto il decreto penale di condanna. Proprio ieri si è tenuta la prima udienza del processo che lo vede imputato. “Questa è una pagliacciata – ha commentato l’uomo a margine – se verrò condannato non tirerò fuori un euro e piuttosto mi farò il carcere. Vi sembra normale che nel 2020 si perdano tempo e soldi pubblici con queste stupidaggini?”.
All’ingresso del Palazzo di Giustizia ha anche animatamente discusso con gli operatori della vigilanza, che non volevano permettergli di entrare con un coltellino portachiavi di piccole dimensioni. Con lui anche la moglie che aveva con sé delle manette mostrate ai presenti, minacciando di incatenarsi.
Oggi invece si sarebbero dovute tenere le udienze preliminari per l’inchiesta madre sul disastro. Le accuse, formulate dal procuratore capo Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia, sono a vario titolo di disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d’atti d’ufficio, abuso in atti d’ufficio.
Sotto la lente dell’accusa le carenze evidenziate, nella gestione dell’emergenza e nell’attivazione dei soccorsi, dai vari livelli istituzionali, ma anche la mancata realizzazione della Carta pericoli valanghe da parte della Regione Abruzzo, l’iter che consentì di procedere alla realizzazione del resort e i permessi rilasciati per compiere alcuni lavori di ristrutturazione.
Fonte: Ansa