Rosarno: dietro gli incidenti in terra di ‘ndrangheta esplosione di razzismorazzismo

C’é la mano della criminalità organizzata dietro alla guerriglia urbana di Rosarno? Gli investigatori,  carabinieri e polizia dicono che, “allo stato attuale delle indagini, questo collegamento non emerge”. Anzi, l’esperienza di chi ha operato per lungo tempo in zone dell’Italia meridionale, in cui operano camorra, mafia e ‘ndrangheta, insegna che la criminalità organizzata ha interesse a mantenere le cose tranquille. Quindi per Rosarno, semmai, c’è da dire che la situazione è sfuggita di mano alle cosche, richiamando un’attenzione certo non voluta sullo sfruttamento degli immigranti, il cui lavoro è certamente organizzato e gestito dalla ‘ndrangheta e poi appaltato ai proprietari terrieri della zona, spesso a loro volta in odore di associazione alle cosche.

Si tratta quindi, secondo carabinieri e polizia, di “un problema soprattutto di ordine pubblico”, che nasce da una situazione sociale “esplosiva” in cui trovano spazio “intolleranza e razzismo”. Gli accertamenti sulla “matrice” del gesto che ha innescato la rivolta, cioé il ferimento di alcuni extracomunitari con un fucile ad aria compressa,  sono appena cominciati anche appare chiaro fin da ora agli investigatori che tutto sarebbe nato da un litigio per “motivi banalì tra un abitante del paese con qualcuno degli stranieri”.

Probabilmente, però, la spiegazione di quello che è successo dopo non é così semplice e non si può escludere che la criminalità organizzata, sempre più attiva anche nello sfruttamento del lavoro nero dei neri, c’entri, ma come elemento di fondo, non causa immediata.

Rosarno non è un tipico comune italiano: il consiglio comunale non c’è, è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Se è stato sciolto qualcuno lo ha eletto e quel qualcuno non è l’anonima  ‘ndrangheta, bensì i buoni cittadini di quella pacifica città.

Mettete assieme: una popolazione locale fatta di  gente che almeno in parte non è incline a guardare la fedina penale o morale di chi elegge, una situazione di clandestinità e di sfruttamento per una massa di neri, ghettizzati, isolati, probabilmente anche scherniti per il colore della pelle e tutto quel che consegue dalle precarie condizioni igieniche di fatiscenti dormitori più o meno abusivi, la recessione che vuole dire meno lavoro per tutti e in particolare per gli immigrati, gli immigrati pronti a qualsiasi lavoro, insidiando così direttamente gli interessi dei locali, magari modesti, magari miserabili ma per gli interessati vitali, e avrete una miscela che aspetta solo il momento buono per esplodere.

La Calabria non è la Lombardia, Rosarno non è Monza e nella relativa povertà anche l’attività dei criminali acquista maggiore peso: non è che a Monza non ci siano criminali e non ci siano mafiosi: ce li hanno portati in ricognizione grazie al soggiorno coatto. Ma nella esorbitante ricchezza brianzola, tutto si assorbe e si stempera.

Invece, nella zona di Rosarno, dominano due cosche della ndrangheta, Pesce e Bellocco, dedite ad affari illeciti di vario genere, dal traffico di droga alle estorsioni, dall’usura al riciclaggio, agli appalti pubblici, sia riguardanti lo sviluppo del Porto di Gioia Tauro, sia i lavori sulla Salerno-Reggio Calabria. Sono cosche potenti ed hanno ramificazioni anche all’estero, fino in Australia.

Criminalità organizzata, ‘ndrangheta, violenza, soprusi, sfruttamento dei lavoratori più deboli: sono stati da tempo immemorabile sinonimi in queste zone. Solo che una volta l’ordine era più facile, perché il sistema era più omogeneo e compatto, erano tutti italiani. Ora gli italiani quei lavori non li vogliono più fare e ci sono i neri e le differenze, anche per la pelle e la lingua, sono più evidenti. E per i criminali che li vogliono sfruttare, l’occasione è più favorevole.

Le analisi piu’ recenti dell’antimafia dicono che il caporalato è “un mercato in espansione” per la criminalità organizzata calabrese, la quale tende a ‘investire’ sempre di più proprio nell’agricoltura: lo dimostra il numero delle aziende agricole confiscate, che sono circa un quarto del totale e che spesso sono solo fittizie, create per fare false assunzioni e accedere illecitamente ai finanziamenti comunitari.

Però tutto questo non spiega i fatti degli ultimi giorni. Spiegano gli investigatori: anche ammesso che si sia voluto mandare un avvertimento a qualcuno, ad esempio per un presunto ‘pizzo’ non pagato, “la ‘ndrangheta non spara con i fucili ad aria compressa: i metodi sono piu’ traumatici e meno chiassosi, perché le cosche non hanno alcun interesse né ai riflettori dei media, né ad una presenza ancora più massiccia di forze di polizia sul territorio”.

Per completezza di cronaca, si deve anche riportare che c’è chi ipotizza che l’obiettivo fosse fare ‘rumore’, per sviare l’attenzione dall’attentato alla procura generale di Reggio Calabria e magari allentare la pressione degli investigatori su quel fronte. Il commissario prefettizio del Comune di Rosarno, Domenico Bagnato, ha notato la “strana coincidenza” tra il ferimento dei due immigrati e la riunione a Reggio del Comitato nazionale per l’ordine pubblico sulla bomba agli uffici giudiziari.

La chiave di lettura attualmente privilegiata, però, resta quella che gli spari di giovedì siano stati un gesto di intolleranza o xenofobia, innescato dal “banale litigio” di cui parla la polizia. Un gesto slegato da dinamiche mafiose ed invece strettamente connesso alle tensioni sociali dovute all’altissima densità di extracomunitari sul territorio.

“Prima o poi doveva accadere di nuovo”, dice una fonte investigativa, facendo riferimento al ferimento a colpi di pistola, il 12 dicembre 2008, di altri due stranieri, sempre a Rosarno. Episodio di cui non sono stati mai scoperti gli autori. Alcuni degli immigrati hanno oggi chiesto protezione perché contro di loro ci sarebbero “continue violenze che sono frutto di razzismo” contro dei poveretti che sno in Calabria “solo per lavorare senza dare fastidio a nessuno”.

Di segno opposto i commenti di numerosi cittadini, che hanno parlato di “una situazione ormai insostenibile”. Al vaglio degli investigatori di polizia e carabinieri anche l’imprevista (soprattutto nelle proporzioni) reazione violenta da parte degli extracomunitari: si tratta di capire com’è nata e se davvero, come sembra in questa prima fase delle indagini, sia stato un movimento spontaneo di rivolta degli stranieri, esasperati dallo sfruttamento cui sono sottoposti e dalle condizioni inumane in cui vivono, oppure se dietro vi siano altre dinamiche. Discorso analogo per la contro-reazione dei cittadini del posto, che in alcuni casi ha assunto le caratteristiche di una vera e propria “caccia al nero”, da malmenare, gambizzare o, addirittura, investire con l’automobile: ne è seguita la risposta con gli interessi.

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