ROMA – La conversione all’Islam, il nuovo nome islamico di Aisha, il possibile riscatto tra i due e i quattro milioni di euro.
Sono diversi gli aspetti della liberazione di Silvia Romano su cui la procura di Roma sta facendo luce e su cui si interrogano in molti, soprattutto sul web.
Sullo stesso web dove, subito dopo l’arrivo della giovane cooperante milanese a Ciampino, sono rimbalzate le curiosità su una possibile gravidanza della donna.
Subito dopo si è rincorso lo stupore per quell’abito integrale islamico verde acqua indossato da Silvia Romano.
Come ha spiegato al Messaggero padre Paolo Latorre, missionario comboniano in Kenya da 16 anni:
“essendo donna considerata la sua esperienza e la sua giovane età non sarebbe stato facile resistere se non si fosse convertita”.
Silvia stessa ha parlato alla psicologa che l’ha accompagnata a Roma di una conversione “spontanea: leggevo il Corano, pregavo. La mia riflessione è stata lunga e alla fine è diventata una decisione”.
Silvia Romano e il nome Aisha
Da lì poi la scelta del nome islamico, Aisha, quello della figlia di Abu Bakr, primo califfo dell’Islam, considerata la ‘madre dei credenti’ e sposa del profeta Maometto.
Il mistero del riscatto
E c’è poi il nodo del sequestro, che sembra essere centrale per molti, anche se, trattandosi di sequestro a scopo di terrorismo, non è prevista indagine su questo aspetto della vicenda, ricorda il Corriere della Sera.
Secondo le indiscrezioni, riportate da alcuni giornali italiani, potrebbero essere stati versati tra i due e i 4 milioni di euro.
Che si trattasse di un sequestro per ottenere soldi la stessa Silvia ha detto di averlo capito da sé: “Venivo spostata ogni tre, quattro mesi, ma a quel punto non avevo più paura. Avevo capito che volevano soldi”, ha detto, aggiungendo però di non aver mai sentito parlare di riscatto.
E riguardo al fatto che lo stesso gruppo è accusato di aver rapito altri occidentali ha risposto: “Io non ho mai visto nessun altro”. (Fonti: Il Messaggero, Il Corriere della Sera)