Torino. Vincenzo Barillaro: “Ho ucciso Paul Oyomonzele, voleva vendermi cocaina”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Luglio 2013 - 12:07 OLTRE 6 MESI FA
Torino. Vincenzo Barillaro: "Ho ucciso Paul Oyomonzele, voleva vendermi cocaina"

Torino. Vincenzo Barillaro: “Ho ucciso Paul Oyomonzele, voleva vendermi cocaina”

TORINO – “Sì, l’ho ucciso io. Voleva vendermi cocaina a tutti i costi”. Vincenzo Barillaro, pregiudicato di 35 anni, ha confessato l‘omicidio di Paul Oyomonzele a Torino, lo spacciatore nigeriano di 28 anni. Barillaro ha detto agli inquirenti di essere stato infastidito dalla vittima, che insisteva per vendergli droga. Insistenza che ha scatenato la sua rabbia cieca, rabbia che l’ha portato ad impugnare il coltello e sferrare il fendente mortale al cuore di Oyomonzele.

Massimo Numa su la Stampa riporta le parole del reo confesso Barillaro, torinese senza fissa dimora da poco scarcerato dalle Vallette:

“«Quello spacciatore mi ha seguito, mi infastidiva, voleva vendermi a tutti i costi dosi di cocaina, alla fine abbiamo litigato, ci siamo ritrovati nel suo portone, è spuntato fuori un coltello….». La lama, lunga almeno quindici centimetri, ha spaccato in due il cuore del nigeriano Paul Oyomonzele, 28 anni. In bocca aveva ancora le dosi di stupefacente”.

L’omicidio è avvenuto in via Chatillon, a Torino, la sera del 24 luglio. Barillaro dopo l’aggressione si è allontanato in sella ad una bicicletta, ma un’impronta digitale rilevata dalla polizia scientifica l’ha incastrato. Gli agenti hanno arrestato Barillaro a Foglizzo, davanti la casa dei genitori.

Tra Barillaro e Oyomonzele non vi è stata una vera e propria colluttazione. Sul corpo del nigeriano nessun segno di difesa, solo due ferite: una mortale al cuore e una allo zigomo. Il movente però non convince gli investigatori, spiega Numa:

“Il cadavere di Paul Oyomonzele era senza scarpe e si fa fatica a immaginarlo mentre insegue (scalzo) l’assassino per vendergli a tutti i costi la droga. Nel passato del killer non c’è traccia di uso di cocaina, né di spaccio. È però ragionevole sospettare che il nigeriano, che aveva trovato un rifugio nel labirinto di case, cantine e soffitto di quei fabbricati, sia sceso nel portone per incontrare una persona. Cioè il suo assassino”.