Yara, la chiave è nel Dna sui guanti

Pubblicato il 15 Marzo 2011 - 09:04 OLTRE 6 MESI FA

Yara Gambirasio

BERGAMO – ”Dna ce n’è e ce ne sarà ancora. Il cadavere parla, e adesso continuiamo a cercarne altro”. Per gli inquirenti che indagano sull’omicidio di Yara Gambirasio, le due tracce genetiche, una maschile e una femminile, isolate dalla polizia Scientifica su ciò che si trovava nelle tasche e sui guanti di Yara, sarebbero solo le prime di una serie che gli inquirenti sono certi verranno trovate.

E che saranno ”la chiave di tutto”. Queste tracce non avrebbero dato riscontri utili a una svolta, per ora. Ma si attendono con ansia anche gli esiti sui tamponi del Ris, che potrebbero arrivare in settimana, e quelli sui vestiti. Questi ultimi, soprattutto, potrebbero inchiodare l’assassino. Ma sugli indumenti, che sono stati contaminati da un intero processo di decomposizione, si troveranno per forza decine di tracce. E dovranno essere campionate tutte. Un lavoro lungo ”ma non impossibile”.

La complessità degli accertamenti medico-legali sul corpo di Yara deriva essenzialmente dal fatto che ”parliamo di un cadavere che non dimentichiamo è stato esposto per tre mesi alle intemperie”. Lo hanno detto gli inquirenti. Al momento le certezze sono poche, ma gli investigatori si sono fatti la convinzione che la ginnasta di Brembate Sopra sia stata abbandonata in quel campo incolto nelle immediatezze della sua uccisione, probabilmente il giorno stesso della sparizione. A confermarlo, oltre agli esiti degli esami scientifici sull’ humus del punto esatto in cui è stato trovato il corpo di Yara, sarebbero anche i resti di cibo trovati nello stomaco durante l’autopsia.

Un particolare importante, questo, per gli investigatori, che conoscono cosa la tredicenne ha mangiato, e a che ora, quel 26 novembre, prima di sparire, intorno alle 18.30, dopo essere uscita dal centro sportivo di Brembate Sopra (Bergamo). E in rapporto al processo digestivo riterrebbero compatibile la morte con quelle prime ore successive.