Coronavirus, Trump dichiara emergenza nazionale negli Usa. E stanzia 50 miliardi VIDEO

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Marzo 2020 - 20:40 OLTRE 6 MESI FA
Coronavirus, Trump dichiara emergenza nazionale negli Usa

Coronavirus, Trump dichiara emergenza nazionale negli Usa (foto ANSA)

ROMA – Donald Trump ha deciso di dichiarare l’emergenza nazionale negli Stati Uniti dove cresce di ora in ora l’allarme per la diffusione del coronavirus, con i 1.900 casi superati in tutto il Paese ed almeno 41 morti.

L’annuncio in una conferenza stampa convocata in risposta alle polemiche sul numero insufficiente di test compiuti negli Usa e in vista del G7 straordinario di lunedì in cui i leader delle potenze mondiali si confronteranno sull’evoluzione della pandemia e sulla necessità di una risposta coordinata.

Il presidente americano mette sul piatto 50 miliardi di dollari per venire in soccorso degli stati colpiti: “Chiederemo agli ospedali di preparare dei piani di emergenza, avremo più test, più posti letto, più medici, e assicureremo la massima flessibilità nella lotta al virus”, ha spiegato, annunciando anche che gli Usa acquisteranno petrolio ora che i prezzi sono bassi per aumentare il livello delle riserve strategiche. Le sue parole fanno schizzare le quotazioni del greggio a New York e accelerano il rimbalzo di Wall Street.

Trump afferma poi di essere in contatto con tutti i Paesi colpiti, anche con l’Italia: “E’ un Paese che amiamo – ha detto – hanno una situazione difficile ma hanno deciso di dare un durissimo giro di vite che dovrebbe portare dei miglioramenti. Hanno preso la medicina”.

Intanto a Washington tiene banco il caso Bolsonaro e del suo portavoce Fabio Wajngarten, risultato positivo ai test del Covid-19. Entrambi nel weekend scorso erano a Mar-a-Lago, la residenza di Donald Trump a West Palm Beach, in Florida, ma sia il tycoon sia il vicepresidente Mike Pence hanno finora rifiutato di sottoporsi al tampone, nonostante le immagini che li ritraggono vicini a Wajngarten. “Non ho fatto il test perchè non ho alcun sintomo”, ha ribadito, spiegando di essersi affidato alle valutazioni dei medici.

Poi, incalzato dalle domande, afferma che “probabilmente” il test lo farà “molto presto. In attesa dei risultati, invece, è il senatore Lindsay Graham, anch’egli presente all’incontro del fine settimana con la delegazione di Bolsonaro. Risultati che hanno già confermato positivo il sindaco di Miami Francis Suarez, che ha a sua volta ricevuto la delegazione brasiliana nel suo ufficio.

Lo spettro del propagarsi dell’infezione, così, aleggia sulla Casa Bianca, dove ore febbrili sono seguite alla notizia che Bolsonaro era risultato positivo, poi rivelatasi infondata ma intanto girata su gran parte dei media mondiali. Notizia smentita dallo stesso leader brasiliano che ha postato su Facebook i risultati degli esami e una sua foto mentre provocatoriamente compie il gesto dell’ombrello.

Intanto però una riunione d’urgenza era stata già convocata nell’ufficio del capo dello staff di Trump, a pochi metri dallo Studio Ovale, e il pressing sulle due più alte cariche dello Stato perché si sottopongano ai test si starebbe facendo sempre più insistente con il passare delle ore.

Ad accrescere la preoccupazione della Casa Bianca, poi, anche l’incontro giorni fa di Ivanka Trump e del ministro della Giustizia americano William Barr con il ministro degli Interni australiano, Peter Dutton, risultato positivo al coronavirus. Un meeting testimoniato anche da una foto scattata all’ambasciata australiana a Washington.

Ivanka, spiega un portavoce, non avrebbe alcun sintomo ma per precauzione avrebbe deciso di lavorare da casa. Il segretario al Tesoro Steve Mnuchin intanto ha assicurato che la Casa Bianca e il Congresso potrebbero essere vicini ad un accordo sul piano di stimolo destinato a sostenere l’economia ed allontanare l’incubo della recessione. Ma l’intesa nelle ultime ore sembra più difficile del previsto: “I democratici non offfrono quanto occorrerebbe”, ha detto Trump.

La situazione si fa però sempre più difficile. Oramai 48 Stati Usa su 50, più il District of Columbia dove si trova la capitale federale Washington, presentano casi di contagio. E le ripercussioni si fanno sentire anche sulla campagna elettorale, con la Louisiana che è diventata il primo Stato a decidere di spostare la data delle sue primarie programmate per il 4 aprile.

La situazione più preoccupante del Paese si registra comunque a New York, dove i casi sono raddoppiati in 24 ore superando quota 150 ma con circa 1.800 persone in quarantena volontaria e tanti altri in attesa dei test. Mentre nell’intero stato di New York i casi sono oltre 400. Così la metropoli si prepara alla possibilità di un vero e proprio lockdown, con la chiusura di scuole, negozi e uffici dopo lo stop già deciso per musei, teatri, arene e per tutti gli assembramenti con più di 500 persone.

Nei cassetti del sindaco Bill de Blasio e del governatore dello Stato Andrew Cuomo sarebbero pronti anche piani straordinari ed eccezionali da far scattare nel ‘worst case scenario’: misure drastiche come il quasi fermo della rete della metropolitana o il blocco dei ponti che collegano l’isola di Manhattan al resto della città. (fonti ANSA, Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev)