Da Singapore alle Alpi, poi a Hove: i viaggi di Steve Walsh, il super untore inglese di coronavirus

di Daniela Lauria
Pubblicato il 12 Febbraio 2020 - 10:48 OLTRE 6 MESI FA
Da Singapore alle Alpi, poi a Hove: i viaggi di Steve Walsh, il super untore inglese di coronavirus

I viaggi di Steve Walsh (nella foto Ansa) il super untore inglese di coronavirus

LONDRA – Da Singapore alle Alpi e poi a Hove, vicino Brighton, dove vive con la sua famiglia. Così Steve Walsh, imprenditore britannico di 53 anni, ha trasmesso a sua insaputa il nuovo coronavirus cinese ad almeno 11 persone, prima di essere individuato e a sua volta ricoverato e messo in quarantena.

Lo avevano ribattezzato il superspreader (il super untore), un individuo in grado di diffondere il virus più facilmente della norma. Per liberarsi dei sospetti e delle curiosità, Walsh ha quindi deciso di rivelare la sua identità ai media comunicando contestualmente la sua guarigione.

La sua vicenda è un caso più unico che raro fra la tante storie affiorate in questa epidemia globale. Walsh ha contratto il virus senza inizialmente accorgersene a Singapore, dove aveva partecipato a una conferenza per conto della società di consulenza dell’industria del gas per cui lavora, la Servomex. Poi è volato sulle Alpi francesi dell’Alta Savoia, per una vacanza sulla neve e qui ha contagiato inavvertitamente, ancora in assenza di sintomi, diversi connazionali con cui condivideva uno chalet.

In totale le persone colpite fra quelle venute in contatto con lui sono state 11: 5 testate e ricoverate in Francia, una a Maiorca e 6 (su 8 totali diagnosticate finora nel Regno Unito) al suo rientro in patria. Un vero e proprio strike, che ha coinvolto anche Catriona Greenwood, dipendente di un ambulatorio medico di Brighton chiuso da ieri al pubblico per prudenza, conclusosi solo quando l’infezione non si è manifestata anche per Walsh.

Nel comunicato diffuso dal suo letto d’ospedale al St Thomas Hospital di Londra, il superspreader ha assicurato di essere rimasto in isolamento fin da subito, “non appena informato della diagnosi”. E di essere pronto a restare successivamente in quarantena anche a casa, per il periodo di auto-isolamento che i medici riterranno necessario secondo i protocolli cui già si sta sottoponendo la sua intera famiglia.

Ha ringraziato il sistema sanitario britannico (Nhs), “gli amici e i colleghi” per il sostegno, chiedendo ora rispetto per la sua “privacy”. L’allarme e il panico hanno fatto tuttavia in fretta a diffondersi sui tabloid del Regno Unito e in particolare nell’East Sussex. Sullo sfondo di un’epidemia che – come sottolineato dal ministro della Salute inglese, Matt Hancock – ha al momento i contorni d’un rischio “moderato”, ma non ha raggiunto ancora “il picco peggiore” di diffusione.

Ecco allora che la ricostruzione del viaggio e del ritorno di Steve dalla Francia, via Ginevra, si è fatta minuziosa. Con controlli capillari nella sala parrocchiale dove è andato a lezione di yoga o nel pub di Hove dove ha bevuto una birra prima di avvertire i primi malesseri. Il professor Keith Willett, responsabile delle emergenze dell’Nhs, ha invitato ad evitare allarmismi, elogiando Walsh per essersi “comportato bene, nel rispetto dei consigli medici ricevuti”. Ma il professor Samer Bagaeen, del Brighton and Hove City Council’s Health board, ha accusato le autorità sanitarie nazionali d’aver informato poco e tardi la comunità locale. “Non sono stati chiari dall’inizio – ha denunciato – e non ci hanno fatto sapere esattamente chi fosse stato esposto al contagio e dove. Avremmo dovuto essere informati dal primo giorno, ma nessuno lo ha fatto davvero su questo caso. E’ mancata la leadership”.

Fonte: Ansa