Alitalia nazionale e tricolore. Berlusconi? No, Di Maio. Ilva, stessa ricetta

di Lucio Fero
Pubblicato il 18 Luglio 2018 - 13:38 OLTRE 6 MESI FA
Alitalia tricolore. Berlusconi? No, Di Maio. Ilva, stessa ricetta

Alitalia nazionale e tricolore. Berlusconi? No, Di Maio. Ilva, stessa ricetta (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Alitalia nazionale e tricolore. Perché resterà in mani italiane almeno al 51 per cento [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play]. Non sarà venduta allo straniero. Nonostante sia tecnicamente fallita più di una volta. Nonostante costi al contribuente italiano, a seconda di come va, dal mezzo milione al milione e mezzo al giorno. Nonostante sia in perdita da qualche…decennio! Nonostante sia costata alle casse pubbliche chi dice sette miliardi chi dice di più. Nonostante tutto, in alto i cuori tricolori: Alitalia resterà italiana, almeno al 51 per cento. Ne va dell’orgoglio nazionale.

Chi parla così? Berlusconi che ha appena vinto le elezioni ed erano circa dieci anni fa? Sì, Berlusconi così parlò, bloccò la vendita di Alitalia agli antipatici francesi (la Cgil festeggiò) e chiamò i patrioti imprenditori a prendersi Alitalia. La presero. E fu un bagno di sangue, anzi di euro. Pubblici. Cassa pubblica che un anno fa ha prestato ad Alitalia poco meno di un miliardo allo scopo esplicito di continuare ad operare mentre si cercava un compratore. I tedeschi, gli americani, le low cost…

Niente, si scherzava. Alitalia resta italiana, nazionale e tricolore e a dirlo stavolta non è Berlusconi ma Di Maio. Di Maio lo dice appena dopo aver vinto le elezioni, c’è una qualche continuità. Così come continuità c’è tra Berlusconi governante e Di Maio governante nella scelta di tenere Alitalia sempre e comunque a carico della cassa pubblica e del contribuente. Berlusconi letteralmentye si inventò la cordata dei volenterosi (che tali non erano). Di Maio non ha di queste fantasie. Il ministro del Lavoro e vice premier ha una sua visione dell’ economia e del mercato.

Questa prevede che il governo del popolo decide come cosa debba essere un’azienda. Lo decide in un confronto-colloquio con il popolo, praticamente un soliloquio. Dopo aver deciso cosa sarà Alitalia, il governo del popolo si fa dare, trova privati che ci mettono i soldi (al 49 per cento s’intende) per fare quello che il governo vuole. Quindi Alitalia resta italiana, anche e soprattutto nel senso che comandano i sindacati. E resta di bandiera e tricolore. E il governo italiano, se vuole, ci mette bocca. Gli altri, le compagnie europee o americane o quel che sia, ci mettono i soldi. E’ una bella visione dell’economia: farsi pagare dagli altri le proprie scelte.

Non è strategia solo per Alitalia, la stessa strategia Di Maio la applica e la espone per l’Ilva (con grande plauso di Emiliano governatore di Puglia ed M5S ad honorem, non solo sull’Ilva). Ad Arcelor Mittal che ha comprato, meglio dire sta comprando Ilva (Ilva che era ed è senza fondi per produrre e risanare) si fa il viso cattivo e si dice: o metti più soldi, e i piani industriali e le scelte aziendali le facciamo noi, oppure non te la facciamo comprare più.

E’ la strategia del metto paura così gli altri mollano. Una strategia che per esistere deve supporre, avere come suo pilastro, la ferma convinzione che gli altri siano deboli e sciocchi. Esser fermamente convinti che gli altri siano sempre più deboli e più sciocchi di te è il primo e indubitabile sintomo di quanto tu sei debole e sciocco. Con la strategia Di Maio Alitalia e Ilva finisce che non se le compra nessuno. E allora, che problema c’è? Alitalia e Ilva le nazionalizziamo. Ce le teniamo in perdita per l’eternità e le mettiamo in carico alle tasse. E’ in fondo quewsto che il ministro Di Maio ha comunicato alle Camere. Chissà se hanno capito.