Citigroup, le scuse dei manager: “Non abbiamo previsto la crisi”

Pubblicato il 8 Aprile 2010 - 16:45 OLTRE 6 MESI FA

Quasi tre anni dopo che Citigroup ha incontrato le prime difficoltà, due dei dirigenti che hanno guidato la banca durante la tempesta finanziaria hanno espresso tutto il loro rammarico davanti alla Commissione federale competente ad esaminare i motivi della crisi. Charles O. Prince III, ex presidente di Citigroup e amministratore delegato, si è scusato per i miliardi di dollari di perdite che hanno portato la società quasi al collasso. La banca aveva invece richiesto tre salvataggi del governo e 45 miliardi dollari in aiuti da parte dei contribuenti.

Prince si è prodigato in un mea culpa profondo ed esteso. “Vorrei iniziare con il dire che mi dispiace”, ha detto davanti alla Commissione. “Mi dispiace che la crisi finanziaria abbia avuto un impatto così devastante per il nostro Paese. Mi dispiace per i milioni di persone che hanno perso le loro case. E mi dispiace che il nostro team, a cominciare da me, non ha previsto il crollo senza precedenti del mercato che stava per arrivare”.

Robert E. Rubin, un influente membro del consiglio di amministrazione di Citigroup, si è invece soffermato brevemente nell’accettare la sua responsabilità personale per le disgrazie della banca. La sua reputazione di “saggio” di Wall Street – da Goldman Sachs a segretario al Tesoro durante l’amministrazione Clinton – è caduta insieme ai titoli di Citigroup. Nel suo discorso, Rubin cita varie cause della crisi finanziaria, che hanno formato un “cocktail tossico” che, egli sostiene, “tutti noi abbiamo sottovalutato”.

Prima di Prince e Rubin, la Commissione d’inchiesta sulla crisi aveva anche ascoltato l’ex presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan, contestandogli il suo atteggiamento di tolleranza e la sua incapacità di reprimere gli abusi dei mutui subprime. Prince, che si è dimesso nel novembre 2007, ora passa molto del suo tempo a Palm Beach con la moglie. Lavora anche come consulente per le aziende e gli investitori del Stonebridge Albright Group, una società di consulenza con sede a Washington.

Rubin, che ha lasciato Citigroup all’inizio dello scorso anno, mantiene un ufficio a New York al Consiglio delle relazione esterne, di cui è ancora presidente. Nella sua testimonianza, Prince esprime il rammarico per non aver impedito le perdite che si sono verificate. “Personalmente non credo che Citigroup sia una compagnia troppo grossa da gestire”, ha dichiarato. Nel suo intervento, però, Rubin ha anche preso le distanze da se stesso guai Citigroup. Nelle sue osservazioni, si è riferito al suo contratto di assunzione che gli conferisce in modo esplicito un ruolo non manageriale nella società.

Rubin ha anche in mente di utilizzare la sua testimonianza davanti alla Commissione per promuovere la sua idea di riforma della finanza americana, che prevede fra l’altro regole più severe per gli strumenti derivati e  principi più rigidi di tutela dei consumatori. Nel suo discorso, però, non ha affrontato gli oltre cento cento milioni di dollari che gli sono stati pagati per il suo ruolo di “consulente anziano”.