Donne d’impresa, Arianna Verucci: abbiamo superato il Covid, ma con le bollette quintuplicate chiuderemo

Donne d'impresa, Arianna Verucci: "Abbiamo superato il Covid, ci siamo reinventati l’azienda, ma con queste bollette assurde quintuplicate le piccole e medie imprese sono destinate a chiudere"

di Orietta Malvisi Moretti
Pubblicato il 11 Settembre 2022 - 09:47 OLTRE 6 MESI FA
Donne d'impresa, Arianna Verucci: abbiamo superato il Covid, ma con le bollette quintuplicate chiuderemo

Donne d’impresa, Arianna Verucci: abbiamo superato il Covid, ma con le bollette quintuplicate chiuderemo

Donne d’impresa, Arianna Verucci, dal cuore del cioccolato, il grido delle piccole e medie imprese. “Abbiamo superato il Covid, perché ci siamo reinventati l’organizzazione aziendale.

Oggi, però, con queste bollette assurde da pagare: 900 euro l’anno scorso che ora sono lievitate a ben
4000 euro: come possiamo resistere? Ma un controllo che sia tale, lo mettiamo, o no?

Oppure le piccole e medie imprese sono destinate a chiudere davvero?”, si chiede e
ci chiede . Uno sfogo doveroso, che ci mette subito davanti ai problemi di un’Italia un po’ allo sbando. Che sembrerebbe avere perso il timone senza sapere neppure verso quale orizzonte politico orientarsi.

Donne e valori della vita

Da imprenditrice ci conferma che i valori veri e certe regole di vita dovrebbero avere la priorità – sia nelle scelte
che nei risultati. Io, però, sono prima di tutto una donna di famiglia, che
crede in un futuro migliore. Nonostante il Covid, il terremoto prima.E dopo, purtroppo,
anche la guerra in Ucraina che ci sta logorando per il caro energia e la carenza delle
materie prime.

Arianna Verucci, titolare della Cioccolateria Vetusta Nursia, ha ricevuto il Premio “Umbria Roma 2022” come simbolo non solo dei valori culturali dell’Umbria, ma anche perché rappresenta l’esempio che l’impresa al femminile si può
fare e anche molto bene. La “parità di genere” è la pietra angolare per la costruzione
del benessere collettivo e questo è uno dei pilastri della sua strategia aziendale e di vita.

Figlia d’arte, romana di nascita ma umbra d’adozione, ha combattuto e si è rimboccata le maniche e non poco, persino durante il terremoto che ha colpito Norcia ed altre zone limitrofe. La sua voce si alza per ricordare che la terra
umbra ha tremato e trema, insieme a tante aziende come la sua e che i danni, ancora
si sentono e profondamente per la mancanza totale di cura da parte dello Stato.

Ora poi, che si parla di guerra in Europa e nel mondo, senza vederne una reale fine
effettiva, la “ricostruzione” di Norcia appare veramente un piccolo problema di fronte
al dramma ucraino.

L’Azienda Vetusta Nursia nasce nel 1985, con suo padre Gabriele
che si trasferì a Norcia, suo luogo nativo, da Roma dove viveva. Artigianalità ed
eccellenza del cioccolato fu l’idea vincente del padre, sostenuta poi e con grande
passione e capacità da Arianna, sua figlia. Ottima qualità delle materie prime, ma
anche grande attenzione al “green”, così come ha deciso Arianna. Dal 2016 è titolare dell’azienda di famiglia.

È un suo merito avere riconosciuto l’importanza di ridurre la percentuale di plastica utilizzata nella fase del packaging del
prodotto. Un’innovazione non da poco dal punto di vista organizzativo aziendale, unita
anche alla diversificazione dei prodotti con una linea tutta dedicata alla pasticceria
artigianale.

Donne che pensano green

Una donna che pensa “green” e positivo. Il cioccolato – si sa – è un veicolo
importante per la produzione delle nostre endorfine ma Arianna in realtà si preoccupa,
ancora e sempre, anche del futuro del nostro pianeta.

Quali le sue strategie aziendali per il futuro in questo difficile momento in Italia?

Il “fare azienda” in Italia è una vera e propria impresa. Il gioco di parole mi serve per
sottolineare quanto sia difficile dal punto di vista dell’imprenditore far fronte ai vari
ostacoli che, anno dopo anno, ci troviamo ad affrontare.

Il nostro difficile momentostorico non inizia ora. Ho ereditato l’impresa di famiglia quando il tessuto sociale e
culturale della nostra città era completamente lacerato e sull’orlo della
distruzione. Al netto dei danni lasciati dal terremoto, al di fuori della nostra piccola
città, la vita continuava ad andare avanti e se vogliamo limitare i danni, posso
affermare che il terremoto del 2016 era circoscritto, almeno geograficamente, in
termini di chilometri.

In quel momento la strategia era abbastanza chiara. Continuiamo a lavorare con quello che ci è rimasto, blocchiamo la produzione e vendiamo quello che è già stato prodotto. Diverso è stato per l’impatto della pandemia
da Covid 19 che ha avuto un effetto devastante e un danno di portata globale.

Stavamo rialzando la testa da un momento complicato e giocare in difesa non avrebbe
giovato e avrebbe prodotto effetti deleteri per il futuro. Non essendo un lavoro che
può essere svolto a distanza e in modalità agile, abbiamo colto le opportunità legate
alla trasformazione digitale e alla condivisione dei valori e dei principi con i nostri
clienti e con la nostra community.

I canali di comunicazione ci hanno concesso una condivisione immediata con i clienti durante lo stato di emergenza permettendogli di ordinare tutti i prodotti di cui avevano bisogno tramite il sito e gli altri canali che ben
conosciamo.

La strategia è nuovamente cambiata per far fronte alla crisi energetica
che stiamo attraversando. Non nego che in questo momento mi sto trovando davvero
in difficoltà, i costi di produzione per il mese di luglio sono quintuplicati rispetto allo
scorso anno a parità di consumo.

Non si può far gravare l’aumento sul consumatore finale ed ho per questo deciso di mantenere invariati i prezzi al cliente ma, ovviamente, all’interno siamo in una fase transitoria, fase di cambiamento per limitare
la produzione ed i costi in vista del Natale. Per noi rappresenta il periodo più significativo. Quindi, in altre parole, limitare i danni ora e produrre il minimo indispensabile. Per poi giocare in attacco da ottobre quando inizieremo con panettoni
e torroni.

Mi piace sempre cogliere le opportunità, anche questo difficile momento
storico ci porterà sicuramente verso efficienza energetica e taglio dei consumi,
elettricità verde, investimenti in tecnologie più efficienti e fonti rinnovabili.

Nella sua attività lavorativa appare anche una parentesi di impegno politico

Mi sono avvicinata al mondo della politica in un momento in cui avevo bisogno di
urlare a gran voce l’eccesso di burocrazia e la carenza di un sistema meritocratico che
stava prendendo piede nel post terremoto nelle nostre zone.

Il 30 ottobre 2016 c’è stato il terremoto e il 6 gennaio 2017 ho inaugurato per la seconda volta la mia
fabbrica di cioccolato. Capisce bene che in soli due mesi abbiamo svolto i lavori in
completa autonomia e senza gravare neanche un centesimo sulle casse dello Stato. Inoltre senza mandare a casa alcun collaboratore.

Questa ricostruzione repentina da un lato mi ha permesso di ricominciare a produrre subito e di non subire danni a
livello di macchinari. Quindi, di non mandare all’aria anni di investimenti. Dall’altro lato
mi sono allineata all’opinione generale secondo la quale le esperienze e la capacità
dell’imprenditoria possono contribuire alla soluzione dei problemi del Paese. La
condotta della propria impresa può essere applicata alla gestione della “Cosa
Pubblica”.

Ho così iniziato a valutare il mio ingresso in politica. Chi decide di indossare
le vesti dell’imprenditore, assume anche un ruolo di influenza nei confronti della
società e, alla stregua della politica, ha un ruolo di grande responsabilità nel sistema
sociale e valoriale. Per riprendere le fila con la domanda, il mio non era un linguaggio
diverso, io sono prima di tutto un’imprenditrice che usa un vocabolario da
imprenditrice e soprattutto da cittadina, il successo alle europee lo devo proprio a
questo. Infine, quella parentesi politica mi è servita per poter dar voce alle PMI.

Nelle generazioni future si dovrà pensare ad una classe dirigente, la cui
formazione appare ancora dubbia ed incerta.

Molti giovani in Umbria, come anche in altre regioni italiane, cercano lavoro all’estero “scappando” dall’Italia. Come vede il futuro dei suoi figli?

Entrambi i miei figli hanno deciso di andare a studiare fuori dalla loro regione di
nascita. La prima, Gaia, dopo la laurea magistrale ha trovato lavoro a Roma. Il secondo, Nicolò, studia al politecnico di Torino e sogna di proseguire gli studi oltreoceano.

Questi giovani, e posso affermarlo perché lo tocco con mano, vivono di paure, ansie e preoccupazioni (e di conseguenza anche noi genitori che viviamo a chilometri di distanza). Nel 2022 è difficile essere giovani. A 20 anni noi avevamo un
futuro tutto in discesa, non facevamo fatica a raggiungere il posto lavorativo che
sognavamo.

Potevamo sposarci e avere figli, conciliare il lavoro con la vita privata. Loro a 30 si ritrovano a non avere una vita. Due generazioni divise da pochi anni di differenza, ma con un divario abissale, da brividi. Il loro è un futuro tutto in salita.
Due anni di vita sono stati prima bloccati dal lockdown poi rallentati dalla pandemia. Quando ci stavamo riavvicinando alla normalità, la guerra in Ucraina ha destato nuovamente preoccupazioni e malcontenti.

La “fuga dei cervelli” è un problema reale, una perdita di capitale umano e sociale, i nostri giovani scappano fuori regione perché questa non offre prospettive lavorative a loro adeguate. Non ho messo alcuna
pressione ai miei figli, sono liberi di fare le esperienze che ritengono più adeguate alle
loro possibilità. Farli lavorare in azienda, per ora, avrebbe significato farli crescere
sotto l’ala protettiva di una mamma chioccia e non sarebbe stato proficuo per loro.
Concludo sostenendo che la classe dirigente deve necessariamente introdurre una
buona e seria politica. Non possiamo permetterci di bruciare le possibilità di un’intera
generazione.

Cosa possiamo fare per aiutare tante persone che hanno perso tutto e che arrivano in Italia con un futuro tutto da inventare?

Proprio qualche giorno fa ero a cena con i miei figli e pensavo all’importanza e alla
fortuna che abbiamo avuto quel 30 ottobre quando la nostra casa ha resistito senza
neanche un graffio alle varie scosse.

Lasciare il proprio luogo sicuro, le proprie mura, gli affetti per ricostruire e per ricominciare da zero la propria vita altrove è stato il destino di molte famiglie della zona. Le stesse che poi non hanno trovato più alcun
motivo per tornare a vivere a Norcia, con le loro case ancora in macerie, che nel
frattempo hanno trovato stabilità altrove.

Lo stesso scenario può essere applicato all’orrore della guerra in Ucraina, che richiama alla memoria le crisi precedenti vissute in Europa, non molto lontana la crisi in Afghanistan. Ci sono persone che fuggono
perché temono per la propria incolumità e in cerca di un futuro da inventare. All’inizio
della guerra in Ucraina, fermamente convinta che il bene genera bene, ho dato l’avvio
ad una catena solidale nel mio Comune raccogliendo medicinali, cibo in scatola, vestiti, che, tramite una persona fidata, sono arrivate alle famiglie al confine.

Questo per dire che, quando succedono purtroppo queste catastrofi, si attivano le catene
umanitarie che hanno lavorato senza sosta per portare non solo medicinali e viveri,
ma che davano anche disponibilità all’accoglienza. Inizialmente lo slancio umanitario è
stato molto più spontaneo che organizzato, il che fa ancora riflettere sulla poca
concretezza delle nostre Istituzioni.

Le donne in politica, in Italia mai valorizzate veramente nei ruoli apicali. Ci sarà mai una donna Premier? 

La domanda è “siamo davvero culturalmente pronti ad eleggere una donna come
Presidente della Repubblica o come Premier?” Facciamo sempre riferimento
all’importanza delle capacità, della formazione e delle competenze, a discapito del
gender. Ma quel tetto di cristallo è ancora intatto e quando poi ci si trova a dover
scegliere un candidato, la tendenza è sempre verso il “sesso forte”. Sono i numeri a
darne la dura statistica: 12 presidenti della Repubblica e sempre tutti uomini.

La presenza femminile nei seggi delle due Camere ha avuto un’impennata recente, dato
importante ma che non scalfisce di fatto i posti cruciali nelle nostre Istituzioni.
Personalmente ho promosso con fermezza e non poca speranza la campagna “una
donna al Quirinale”. Credo che in un momento così delicato una figura
femminile in rappresentanza della nazione avrebbe saputo gestire con tatto e
professionalità la situazione, senza nulla togliere al presidente Mattarella. Cruciali sono
le petizioni per sensibilizzare l’opinione pubblica e il ruolo svolto dalle associazioni.
Sentiamo l’esigenza di trattare il problema, il che lo rende reale e soprattutto non
risolto.
Il mio auspicio per le elezioni venture, nazionali e non, è quello di vedere la
percentuale femminile in aumento, con l’obbiettivo di eliminare le preferenze di sesso
e basarsi esclusivamente sulle competenze.