Quasi 5 mila “staccati” dal lavoro: sono i sindacalisti del pubblico

Pubblicato il 15 Maggio 2012 - 10:19 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Quasi 5 mila sindacalisti nel pubblico durante il 2010 hanno disertato il lavoro, sono stati staccati dalle mansioni per cui sono stati assunti. Lo rivela un rapporto della Corte dei Conti, rapporto che inquadra il problema della scarsa competitività nel settore pubblico. Perdita di produttività uguale meno efficienza e maggiori costi: nel 2010 i permessi sindacali nel settore pubblico sono costati all’Erario 151 milioni di euro. Praticamente è come se “4569 unità, pari a un dipendente ogni 550”, si fossero assentati per un intero anno a causa di tutta una serie di opportunità per non recarsi regolarmente al lavoro quali aspettative retribuite, permessi, permessi cumulabili, distacchi. La Corte dei Conti punta il dito contro “il blocco della crescita delle retribuzioni complessive e della contrattazione collettiva nazionale – si legge nel documento – che ha comportato il rinvio, da un lato, delle norme più significative in materia di valutazione del merito individuale e dell’impegno dei dipendenti contenute nel dlgs n. 150 del 2009 e, dall’altro, impedito l’avviodel nuovo modello di relazioni sindacali delineato nell’intesa del 30 aprile 2009, maggiormente orientato ad una effettiva correlazione tra l’erogazione di trattamenti accessori e il recupero di efficienza delle amministrazioni”.

Se vogliamo, il rapporto spezza una lancia in favore dell’ex ministro Brunetta e della sua battaglia grossolanamente definita anti-fannulloni ma che, secondo la Corte dei Conti, avrebbe favorito il contenimento dei costi per unità di prodotto. Già due anni fa la Corte dei Conti plaudiva all’impegno del ministro per legare le remunerazioni al merito. Un modo per razionalizzare e risparmiare mutuato dal cosiddetto privato, in vista appunto di una maggiore produttività. Ciò che viene contestato, infatti, non è tanto quanto si spende per il comparto pubblico, tutto sommato in linea con la media europea (11,1% del Pil) ma il fatto che a fronte di questa spesa il servizio è nettamente al disotto di standard accettabili. Ogni cittadino spende 2.849 euro per i dipendenti pubblici, contro i 2.830 in Germania, e i 2.436 in Grecia.

Altra importante critica la Corte dei Conti la riserva ai tagli lineari agli organici del settore pubblico che “obbligano le amministrazioni ad una continua attività di revisione degli assetti organizzativi che impedisce il consolidamento di procedure, competenze e professionalità, con inevitabili, negativi riflessi sulla quantità e qualità dei servizi erogati”.