Per Draghi fuori dai piedi, Berlusconi tradisce Parmalat, Gheddafi e pure Bossi

di Dini Casali
Pubblicato il 27 Aprile 2011 - 11:40| Aggiornato il 28 Aprile 2011 OLTRE 6 MESI FA

All’escursionista della domenica Tremonti, qualcuno dovrà spiegare un po’ meglio il concetto di cordata. Con quella estemporanea, improbabile messa su per contrastare la voracità di Lactalis, in montagna durerebbe poco. In questo momento, mentre ancora discute con banchieri, burocrati e consulenti, un carrozzone targato Italia che volesse pareggiare l’offerta dei francesi, dovrebbe presentarsi con un assegno di 4,6 miliardi in bocca, visto che la quotazione delle azioni Parmalat è salita di un buon 13% dopo l’annuncio dell’opa. Tra gli industriali del settore Ferrero è stata la speranza di un momento, Granarolo semplicemente non aveva la grana. Il ministro dell’Economia si è agitato, ha pontificato come è nel suo stile, ma alla fine non ha spostato di una virgola gli equilibri della partita. Protezionista contro protezionisti più smaliziati e di più antica tradizione, aveva inizialmente giocato la carta dell’italianità per escogitare un decreto ad hoc per rallentare la marcia dei francesi. Poi ha tentato di aggiornare i fasti equivoci di una nuova Iri mettendo a disposizione i capitali della Cassa Depositi e Prestiti. Infine ha cercato adesioni di banchieri disponibili, trovando nel solo Corrado Passera di Intesa l’unico anello di una catena immaginaria. Risultato Parmalat è francese: in alternativa, casomai la Lega che tiene in ostaggio Tremonti facesse la voce grossa per tutelare gli allevatori padani, si potrebbe arrivare al massimo a una soluzione tipo Alitalia. Un successone, visto che la compagna di bandiera italiana di nome, controllata da Air France di fatto, continua imperterrita a macinare debiti.

Dovremo dire addio allo yogurt di Stato sognato da Tremonti? Rassegnamoci, è così. Si rassegni, soprattutto chi crede ancora alla favola dell’italianità. L’orgoglio patriottico può far velo alla lucidità: Lactalis non è un’astronave di marziani, è una realtà già  stabilmente presente in Italia con attività che valgono 1,2 miliardi di fatturato, 3 mila dipendenti e padrona di marchi gloriosi come Galbani e Invernizzi. Non ha nessuna intenzione di rovinarsi gli affari, ha tutto l’interesse a mantenere buoni rapporti con i politici locali. Una quota di Parmalat potrebbe davvero concederla a Tremonti. Da bravi colonizzatori sono attenti a non umiliare i cacicchi delle province imperiali. Colonizzazione non è un’esagerazione, non più del fumoso concetto di italianità. Non dimentichiamo le ultime parole di Sarkozy, appena aver decantato la meraviglia del carattere e dello stile italiani. “Creiamo grandi gruppi italo-francesi in grado di competere su scala globale”: gruppi, si intende, con il piano nobile a Parigi e la  dependance di servizio a Roma, o a Parma, tanto è uguale. Il piccolo Cesare venuto da Neuilly, sobborgo della ville Lumiere, sta riscrivendo il de bello Gallico 2, la vendetta. Il Vercingetorige di Arcore ancora non lo sa,  oppure gli basta aver assistito al capitombolo di Tremonti, che sicuramente si era montato la testa mentre surrogava da Via XX Settembre la guida del Paese, trattando direttamente con l’Europa, i grandi banchieri ecc. Tremonti è ruzzolato, Berlusconi ride come a una sua barzelletta, l’Italia è l’unica colonia che bombarda una ex colonia per conto del nuovo colonizzatore.

Resta l’incognita della Germania: Angela Merkel non ha mai detto la sua sulla presidenza della Bce perché in fondo in fondo i tedeschi degli italiani proprio non si fidano e la storia li conforta. La capitolazione ai piedi di Sarkozy da parte di Berlusconi non aiuta, perché tende a sostituire all’asse Roma Berlino quello Parigi Berlino cosa che è tutt’altro che nell’interesse italiano e può solo infastidire i tedeschi.