Rcs, giornalisti: “Faremo di tutto contro la vendita dei periodici”

Rcs, giornalisti: "Faremo di tutto contro la vendita dei periodici"
Rcs, giornalisti: “Faremo di tutto contro la vendita dei periodici”

MILANO – “Faremo di tutto per tutelarci”. I giornalisti dei periodi Rcs avvisano che sono disposti a “qualsiasi azione utile a tutelare i propri interessi e a reagire al dissennato progetto dell’azienda””. Una nota approvata all’unanimità dall’assemblea dei giornalisti promette battaglia alla decisione di Rcs di vendere quattro dei suoi periodici oltre al polo delle sei testate del cosiddetto sistema dell’enigmistica a Bernardini de Pace.

Al clima affatto sereno tra Rcs e i suoi giornalisti si aggiunge la richiesta della Consob, che invita tutti gli azionisti rilevanti di Rcs e ai soci del patto di dare progressivamente notizia al mercato dell’eventuale esercizio dei diritti di opzione per sottoscrivere l’aumento di capitale. La richiesta della Consob vuole accelerare i tempi di pubblicazione dell’azionariato post-aumento.

Intanto i giornalisti di Rcs dichiarano in una nota: “I giornalisti dei periodici di Rcs Mediagroup, riuniti in assemblea, confermano la loro netta contrarietà e la ferma opposizione al disegno di smembramento e di svalorizzazione del patrimonio storico delle testate periodiche del gruppo e il proditorio tentativo dell’azienda di disfarsi di risorse giornalistiche preziose, che hanno contribuito allo sviluppo del primo gruppo editoriale italiano e a consegnare per anni utili ai numerosi azionisti”.

I giornalisti dei periodici dicono ‘no’: ‘No alla svendita delle testate che Rcs ha intenzione di portare a termine, con protervia e con sorda determinazione, con la procedura di cessione di ramo d’azienda alla società Prs avviata la sera del 19 giugno. No alla chiusura indiscriminata delle riviste definite ‘no core’, senza un confronto serio e corretto con il sindacato per valutare ogni possibile ipotesi alternativa. E no al ricorso alla cigs a zero ore per i giornalisti delle testate destinate alla chiusura, che costituirebbe un trattamento penalizzante e discriminatorio rispetto alle soluzioni gia’ concordate con i colleghi di altre aree del gruppo”.

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