ROMA – Velocità reale di connessione di ben il 60 per cento inferiore a quella promessa (7 o 20 Megabit). In Italia la rete Adsl continua a deludere. E c’è pure una notevole differenza tra le diverse regioni: tutti gli italiani pagano lo stesso per navigare, ma quanto ricevono poi può essere più o meno buono a seconda della posizione.
Lo studio e i numeri sono quelli di SosTariffe, riportati da Repubblica.it. Ne esce un’Italia paralizzata nella velocità di internet:
In media si viaggia a 5,1 Megabit al secondo, più 8 per cento rispetto a tre anni fa; ma solo grazie alla crescita delle Adsl 20 Megabit, più costose e meno frequenti. Le Adsl comuni, a 7 Megabit, hanno ancora una velocità media reale di 4 Megabit. Quelle 20 Mega sono più veloci ma non di molto: 7,1 Mbps. Possono essere una delusione più grave rispetto a quanto pubblicizzato dagli operatori. Già, le 20 Megabit hanno una velocità reale che è meno della metà di quella venduta.
E che sia una velocità deludente lo dimostra anche questo fatto: gli operatori sono tenuti a dichiarare e rispettare una velocità minima di connessione, per le diverse Adsl, e nel caso delle 20 Megabit questo minimo garantito va da 7,2 a 10 Megabit circa. Lo si può leggere negli indicatori pubblicati sul sito Misurainternet dell’Authority tlc. Significa che i 7,1 Megabit di media sono una violazione delle norme. Se accertata con il test di velocità ufficiale dell’Authority, obbligherebbe l’operatore a rimediare o a concedere la disdetta gratuita agli utenti, in base alla normativa di settore.
SosTariffe.it spiega il fenomeno con il boom di traffico e di utenti. “Se da un lato è evidente che la crescita non può definirsi molto soddisfacente in un periodo di rapida evoluzione tecnologica del settore come quello di questi anni, è evidente che nello stesso periodo di tempo è aumentato notevolmente il volume di traffico Internet da gestire a causa del boom di nuovi dispositivi come smartphone e tablet e della sempre maggiore fruizione di servizi di streaming musicale e video da parte degli utenti”, si legge nello studio.
Il grafico pubblicato da Repubblica: