Marcello D’Orta: il tema in cui il bimbo scrisse “Io speriamo che me la cavo”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Novembre 2013 - 06:30 OLTRE 6 MESI FA

Marcello D'Orta: il tema in cui il bimbo scrisse "Io speriamo che me la cavo"

“Io preferisco la fine del mondo, perché non ho paura, in quanto che sarò già morto da un secolo.
Dio separerà le capre dai pastori, uno a destra e uno a sinistra, a centro quelli che andranno in Purgatorio.
Saranno più di mille miliardi, più dei cinesi, fra capre, pastori e mucche. Ma Dio avrà tre porte. Una grandissima (che è l’Inferno), una media (che è il Purgatorio) e una strettissima (che è il Paradiso). Poi Dio dirà: «Fate silenzio tutti!» e poi li dividirà. A uno quà a un altro là. Qualcuno che vuole fare il furbo vuole mettersi di quà, ma Dio lo vede. Le capre diranno che non hanno fatto niente di male, ma mentiscono. Il mondo scoppierà, le stelle scoppieranno, il cielo scoppierà, Arzano si farà in mille pezzi. Il sindaco di Arzano e l’assessore andranno in mezzo alle capre. Ci sarà una confusione terribile, Marte scoppierà, le anime andranno e torneranno dalla terra per prendere il corpo, il sindaco di Arzano e l’assessore andranno in mezzo alle capre. I buoni rideranno e i cattivi piangeranno, quelli del purgatorio un po ridono e un po piangono. I bambini del Limbo diventeranno farfalle
Io speriamo che me la cavo.”

Il tema più famoso, quello che diede il nome a “Io speriamo che me la cavo”, bestseller di Marcello D’Orta (Napoli, 25 gennaio 1953 – Napoli, 19 novembre 2013), insegnante di scuola elementare e scrittore.

Disse D’Orta, morto per un cancro che aveva annunciato da un anno e mezzo, a proposito del suo libro più noto:

«Io, modesto maestro elementare, dissento da glottologi, filologi e professori universitari. Il dialetto nasce dentro, è lingua dell’intimità, dell’habitat, “coscienza terrosa” di un popolo, sta all’individuo parlante come la radice all’albero; nasce nella zolla, si nutre nell’humus, si fonde nella pianta stessa. È, insomma, l’anima di un popolo.»