Michele Serra: “Il pranzo di Natale, una lezione di tolleranza”

Pubblicato il 21 Dicembre 2012 - 06:26 OLTRE 6 MESI FA
Il pranzo di Natale in “Parenti serpenti”, di Mario Monicelli

L’obbligatorietà del Natale è ciò che rischia di renderlo detestabile, mettendo a repentaglio, perfino la sua commovente, semplice ragione sociale, che è la Nascita, la venuta al mondo. Però poi, a ragionarci meglio, in questa promiscuità forzata; in questo ritrovarsi a tavola anche con chi, negli altri giorni dell’anno non cercheresti come commensale; in questo fare buon viso anche tra ostili o tra indifferenti; c’è una lezione di tolleranza (o, se preferite un termine meno politico, di pazienza) che è giusto cogliere. In una società segnata dal narcisismo, dalla solitudine del digitante e del videodipendente, l’obbligo alla socialità, a una socialità solenne come quella del Natale, non viene per nuocere.

E in questo senso il pranzo di Natale è un pezzo del mai compiuto tirocinio che ognuno di noi deve compiere per smussare i propri spigoli, e sopportare meglio quelli altrui. Tradizionali o disarticolate che siano, le famiglie che il Natale raduna attorno alla stessa tavola e allo stesso cibo, si tratta pur sempre di fingere, o di credere veramente, che i vincoli familiari, parentali, filiali, coniugali siano così importanti, così indispensabili da meritare una sospensione del nostro egoismo. Scambiarsi un segno di pace è qualcosa di più, e di meglio, che essere lasciati in pace”.

Michele Serra, “Pranzo di Natale”, La Repubblica, 20 dicembre 2012